Marziani a cavallo, per prendersi i Mondiali
A Tryon l'Italia dell'equitazione punta sulla stella De Luca e sul cavaliere dell'Aeronautica per un posto alle Olimpiadi. E per continuare sulla via del rilancio di uno sport troppo a lungo considerato d'élite
La storia sportiva di Luca Marziani e Tokyo du Soleil è sorprendente e racconta le due anime dell’equitazione, tra il denaro degli sponsor e la polvere del campo di gara, dove il cavaliere incarna un precario equilibrio tra raffinatezza e abnegazione.
A pochi passi dalla lussuosa buvette allestita allo Stadio dei Marmi, i primi cavalli sono già impegnati nelle gare del Longines Global Champions Tour. La “Formula 1” del salto ostacoli, la chiamano. E in questo concorso internazionale a cinque stelle, voluto dal gigante dell’equitazione mondiale e campione olimpico Jan Tops, sfilano davvero i migliori binomi in circolazione. In totale il montepremi, al termine di 17 gare tra 12 paesi e tre continenti, è di 35 milioni di euro.
Nell’universo dell’equitazione ostentazione e spirito di sacrificio sono due mondi opposti che si sfiorano appena, quanto basta per rendere questo sport quasi inavvicinabile. Marziani sta lì a dimostrarlo e forse consapevolmente sembra citare l’esempio del grande Graziano Mancinelli, di origini umili ma con la giusta dose di forza di volontà per diventare uno dei migliori di sempre. “Ogni cavaliere deve costruirsi da solo, sotto tutti gli aspetti. Per trovare gli sponsor e i cavalli migliori. Funziona così”, ci racconta.
Pochi metri più in là c’è Jessica Springsteen, la figlia di Bruce, che entra nel campo di prova per il warm up prima della gara. “Il mio Tokyo – prosegue Marziani – ha saltato solo con me, in pratica l’ho domato io. Gli ultimi sette anni li abbiamo passati sempre insieme. La nostra intesa è indescrivibile, siamo un tutt’uno”.
Nel 2018 il cavaliere di Civita Castellana, aviere capo dell’Aeronautica, ha messo insieme nove percorsi netti consecutivi nel circuito Fei Nations Cup. Ora la Nazionale italiana punta su questo binomio romantico, e soprattutto vincente. Il ct Duccio Bartalucci l’ha convocato per i Mondiali di Tryon, che sono appena iniziati negli Stati Uniti, in North Carolina, dove l’Italia si gioca la qualificazione alle Olimpiadi di Tokyo 2020.
Al suo fianco ci sarà un nome che è già da tempo una star dell’equitazione. Lorenzo De Luca, numero 21 al mondo, sarà il nostro cavaliere di punta, dopo il ritiro di Alberto Zorzi per l’infortunio della sua cavalla Fair Light.
“A Tryon puntiamo all’oro, il clima in squadra è molto positivo e in generale la nostra equitazione è in ascesa. Abbiamo binomi forti e proprietari importanti che hanno messo a disposizione cavalli in grande forma”, ci dice De Luca, partito da Lecce e sbarcato in Belgio, dove è diventato secondo cavaliere della prestigiosa scuderia Stephex Stables, alla corte di Stephan Conter.
L’equitazione italiana si è confrontata a fatica con una realtà fatta da difficili mediazioni tra le federazioni nazionali e le grandi scuderie, che devono mettere a disposizione i cavalli e i cavalieri più in forma. “Il Global Tour, per esempio, anticipa di pochi giorni i Mondiali e, anche se è una grandissima competizione, finisce per condizionare la stagione”, spiega al Foglio il ct Bartalucci.
“Dovrebbe essere la federazione internazionale a riformare il sistema. Non è facile, in uno sport in cui a mio avviso si è puntato a preservare lo status quo, piuttosto che a innovare”.
Ora c’è l’appuntamento più importante, quello di Tryon. “Abbiamo grandi aspettative per i Mondiali. A livello agonistico l’Italia è uno dei paesi che è cresciuto di più al mondo. Abbiamo potenzialità enormi e un patrimonio sportivo che morde il freno”, dice il ct.
A livello pre-agonistico invece abbiamo maggiori difficoltà: “Fare equitazione nel nostro paese è difficile e costoso”, ammette Bartalucci. Non solo l’assenza di allevamenti validi, i problemi riguardano anche e soprattutto chi desidera diventare un cavaliere.
Qualcuno ha parlato di “fuga di cervelli”, riferendosi ai De Luca, agli Zorzi e a tutti quegli atleti che per crescere e confrontarsi con i palcoscenici più importanti hanno dovuto emigrare all’estero. Servono soluzioni per uscire dalla logica italiana che se hai talento, ma non i soldi, allora devi avere la fortuna di trovare il proprietario abbastanza ricco di un cavallo competitivo. “Bisogna tornare alle scuole di equitazione – spiega Bartalucci – e riattivare la filiera tra allevatori, proprietari, atleti e tecnici federali”. E’ così che nascono i Marziani del salto ostacoli.