Federico Chiesa (foto LaPresse)

Chiesa e gli altri. Così la Fiorentina è diventata una squadra per giovani

Leo Lombardi

Fare calcio a Firenze è diventato bello. Ci sono il gioco, i risultati e, soprattutto, il talento. Come quello di Federico (e di suo fratello Lorenzo)

Avere un figlio d'arte non è cosa da poco. Averne due, e per di più entrambi nello stessa professione per cui era diventato famoso il padre, è ancora più raro: pensiamo solo ai due Mazzola, figli dello straordinario Valentino del Grande Torino. Sandro aveva ben altra qualità rispetto a Ferruccio. Per questo è naturale attendere con curiosità quanto potrà fare Lorenzo Chiesa dopo che papà Enrico ha sentenziato che “è più forte di Federico”. Avrà tempo per dimostrarlo, visto che ha appena quattordici anni. Si è già però ritrovato - suo malgrado - al centro dell'attenzione, visto che il fratello maggiore sabato è andato ad abbracciarlo dopo il 3-0 alla Spal (foto sotto), regalandogli non soltanto una pagina da libro Cuore, ma anche una fetta di notorietà imprevista.

 

 

 

Lorenzo era a bordo campo, era uno dei raccattapalle della Fiorentina, dove è arrivato questa estate dalla Settignanese, la società in cui è cresciuto Federico. Esterno anch'egli, si differenzia per l'uso del piede: lui mancino, mentre il fratello è un destro. Che possa diventare più bravo, soltanto il tempo saprà dirlo. Al momento si può sottolineare come sia capitato nell'ambiente giusto per provarci, visto che la Fiorentina sta diventando la società che i giovani li fa giocare sul serio e non a parole, come altri. È una scelta necessaria, dopo la svolta imposta dalla proprietà. Una volta c'era la squadra che lottava per lo scudetto e si qualificava in Champions League, ma era un progetto non sostenibile economicamente. I fratelli Della Valle hanno imposto un piano di risanamento, letto come un piano di ridimensionamento dai tifosi. Una ipotesi, quella dei sostenitori viola, sostenuta dai risultati, visti gli ottavi posti delle ultime due stagioni e i campionati parecchio anonimi.

 

   

Però qualcosa si stava pian piano seminando, e oggi fare calcio a Firenze è diventato bello. Perché ci sono il gioco e i risultati, che significano un inatteso terzo posto. C'è una rosa tra le più giovani in Europa e c'è, soprattutto, il talento. Come quello di Federico Chiesa, per l'appunto. Lui fa l'attaccante, come il padre. Stesso ruolo, stesse movenze, stessa facilità di conclusione. Al primo apparire in serie A, a diciannove anni, sembrava di essere tornati indietro nel tempo, tanto sono identici i gesti di Federico a quelli del padre. Con la differenza che Enrico era punta vecchio stampo, mentre il figlio è giocatore che piace definire “moderno”, uno di quelli che ti ritrovi anche dietro a difendere, pronto a un lavoro di sacrificio.

 

Dopo il passaggio di Federico Bernardeschi alla Juventus, è diventato il simbolo naturale della Fiorentina: giovane, sfrontato, bravo. Uno complicato da controllare sul campo, per l'imprevedibilità delle idee, quanto lineare nella vita privata: lo studio visto come un piacere, il corpo privo di tatuaggi. E poi parole mai banali nelle interviste e la tendenza a essere sempre il miglior in campo. Uno su cui le grandi hanno messo gli occhi da tempo, a cominciare da quella Juventus che vorrebbe riaffiancarlo al gemello di un tempo. Chiesa al momento non ci pensa, è un compito che ha lasciato al padre, che gli fa anche da agente. Si diverte con la Fiorentina e con lui i tifosi, tornati numerosi come non mai allo stadio. La curva Fiesole vuota per protesta è un ricordo, la città va col pensiero a quando vinse l'ultimo scudetto con una squadra fatta praticamente di ragazzi, esattamente cinquanta anni fa. Era un altro calcio, ripetere una simile impresa è pressoché impossibile. Però ci si può togliere delle soddisfazioni e preparare un posto al Chiesa che verrà.

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