L'ombra del Conte
L'ex allenatore del Chelsea si muove proiettato sui muri delle varie cattedrali del calcio, inclusa Madrid. Dove potrebbe prendere il posto di Julen Lopetegui
Da quando si è allontanato da Londra ha perso le sue fattezze di uomo e si è trasformato in ombra. Adesso aleggia dalle parti di Madrid e nelle ultime ore è stato visto anche a Milano e altrove. Si muove proiettato sui muri delle varie cattedrali del calcio. Antonio Conte, come tutte le ombre, si sposta senza parlare. Ormai lo fa da molto tempo, da quando l’intransigente Marina Granovskaia lo ha licenziato in collegamento walkie talkie con il padrone del Chelsea, l’esule in patria Roman Abramovich. Ha fatto causa chiedendo una cifra importante, la classica liquidazione che nel suo ambiente si traduce in milioni di milioni di sterline, probabilmente dieci, e si è chiuso nel silenzio, in attesa di sapere chi ne volesse sfruttare l’opera e di conseguenza portare a casa qualche trofeo.
Perché Antonio Conte vince prima ancora di giocare. Il successo è l’unica forma di sopravvivenza che conosce. Gioca in modo molto semplice, si difende in undici e attacca in dieci. Per farlo ha bisogno di un gruppo di adepti, non semplici giocatori. Gente che sia pronta a buttarsi nelle fiamme per lui. Quando questo non accade, sale sul ring per fare a botte. Con Diego Costa ha rimediato un diretto allo stomaco che lo ha fatto vacillare. È stata la prima volta in cui è rimasto per qualche secondo senza fiato; probabilmente sarà anche l’ultima. Per sostituire il brasiliano che gioca con la Roja, ha chiamato a raccolta molti centravanti per poi usarli a metà, quando uno quando l’altro, quando soprattutto un tipo come Hazard, che del centravanti ha poco. Ha completato l’opera delle provocazioni lamentandosi dello scarso mercato fatto dal club immaginando a cosa andasse incontro. I maliziosi sostengono che volesse tirare la corda così tanto da provocarne lo strappo. È successo molto in fretta, tanto per non smentire questi pettegoli.
Da quel momento Conte ha vissuto negli avvistamenti della gente, da nord a sud. Le panchine del Milan, prima ancora della Nazionale, con un ritorno improbabilissimo, e poi l’ultima, quella del Real. Con Lopetegui, l’ex squadra di Zidane ha cominciato male, giocando peggio. Solo con la Roma si è tirata su, ma perché di questi tempi Di Francesco è come un pendolo che oscilla tra il tutto e il nulla. Un po’ lo stesso presente di Lopetegui di fronte al Clásico: o tutto o nulla. Se perde va via, se vince resiste, pur non sapendo con certezza fino a quando. L’ombra del Conte si sta facendo largo tra le strade a perpendicolo della Gran Via. Corre sui muri. I denti del suo sorriso largo e improvviso rispecchiano tra le calde luci di Plaza Mayor, mentre a Milano qualcuno lo ha visto chiacchierare amabilmente con la Madunina. Per averlo subito non basta pagare il suo ingaggio ma servono anche i famosi dieci milioni di sterline. Ma cosa vuoi che siano tutti quei soldi se puoi comprarti un’ombra per farla ritornare uomo.