James McClean esulta con la maglia dell'Irlanda (foto LaPresse)

Perché Irlanda - Irlanda del nord è la partita di James McClean

Emmanuele Michela

È nato a Derry, in una zona a forte concentrazione cattolica. E invece di giocare con l'Ulster ha preferito indossare la maglia della Nazionale della Repubblica irlandese

“Se non vieni da dove vengo io, Creggan, non puoi capire”. James McClean è uno che il nome del suo quartiere d’origine non lo ha mai nascosto, raccontando senza problemi ai giornali inglesi del clima che si respirava in questa zona di Derry a forte concentrazione cattolica, dove, quando ancora lui era ragazzo, si viveva nell’ombra delle violenze avvenute durante i Troubles. Non ha nemmeno mai voluto nascondere la città che gli ha dato i natali, di cui porta ben tatuato sulla gamba uno dei cartelli più iconici, quella scritta “You are now entering the free Derry” diventata simbolo di una stagione rovente per il suo Paese. Già, ma qual è il suo Paese? La domanda è quasi un rompicapo oggi, giorno dell’insolita amichevole tra Irlanda e Irlanda del nord, in campo stasera a Lansdowne Road, Dublino. Perché McClean è nato a Derry, ufficialmente Ulster, quindi dovrebbe vestire la maglia della nazionale di Belfast. Ormai da un pezzo però (erano gli anni di Trapattoni ct) ha preferito il verde più smeraldo della rappresentativa della Repubblica, senza nascondere che con la squadra del nord, invece, non avrebbe voluto avere nulla a che fare.

 

 

  

Il derby tra le due nazionali dell’isola è, quindi, la sua partita. Che - scherzo del calendario - arriva giusto una settimana dopo la polemica, ormai consueta, circa la scelta di McClean di non indossare il Poppy in occasione del Remembrance Day (foto sopra). Lo scorso weekend i club di tutta Inghilterra sono scesi in campo con un papavero stilizzato sul petto, in ricordo dei caduti dell’esercito britannico. Ma lui, che gioca allo Stoke City, si è opposto, come ormai fa da sempre. “Sarebbe una mancanza di rispetto per chi perse la vita nei Troubles, e in particolare durante il Bloody Sunday”, spiegò qualche anno fa. Sempre più fedele alla decisione presa, ogni anno si trova costretto a fronteggiare decine di tifosi britannici che lo insultano.

 

Qualche fischio McClean forse se lo beccherà pure stasera dai tifosi ospiti attesi a Dublino. Ma c’è da credere che sarà poca cosa, in una città che - a dire il vero - attende questa partita senza eccessivi timori per il confronto tra le due nazionali, che dagli accordi di pace del 1998 si sono affrontate solo altre due volte. Il calcio in quest'isola non sembra lo sport più popolare in assoluto (sport gaelici e rugby hanno di certo molti più appassionati), ma in realtà racconta molto del Novecento della terra irlandese, e della rivalità tra Belfast e Dublino. A lungo il soccer ha dovuto lottare contro l’etichetta di “Garrison game”, ovvero disciplina cara agli occupanti britannici, e non è un caso se la prima federazione a nascere fu quella dell'Irlanda del nord, che ancora oggi ha il nome di IFA, Irish Football Association, senza alcun riferimento ai confini. Quando la frontiera fu segnata - anni Venti - il calcio si era già affermato anche a Dublino, dove però furono costretti a chiamare la neonata federazione FAIFS, Football Association of Irish Free State. A nulla valsero le spinte, nei decenni successivi, affinché il nome “Irlanda” andasse a chi più lo meritava. Solo nel ’53, finalmente, la Fifa si espresse in maniera chiara, affidando alla Nazionale della Repubblica il tanto agognato marchio, e a quella dell’Ulster il nome “Irlanda del nord”. 

 

Altro tema caldo è quello dell’eleggibilità dei calciatori. Perché nella prima metà del Novecento sono stati ben 58 i giocatori che hanno disputato partite sia con l’una che con l’altra nazionale. Ognuna delle due federazioni diceva di avere il diritto di chiamare i migliori ragazzi dell’isola, e più spesso capitava che era Belfast a sottrarre i campioni a Dublino. Fu invece Belfast che si oppose, negli anni Settanta, al match di una nazionale unita in una amichevole contro il Brasile. Era il 1973. La tournée europea della nazionale verdeoro aveva in programma una tappa sull'isola. Doveva essere un match simbolico: la Nazionale più forte al mondo contro una rappresentativa di giocatori di entrambe le Nazionali irlandesi. I giocatori erano d’accordo, si tirò indietro solo la federazione dell'Irlanda del nord, spaventata dalle conseguenze. Così la squadra che scese in campo (forte di nomi come Jennings, Giles e O’Neill) prese nome e maglia dello Shamrock Rovers, uno tra i più popolari club di Dublino, di proprietà dell’organizzatore della gara. Nessuna bandiera nazionale sventolò, se non quella degli ospiti. Finì 4-3 per i sudamericani, ma il risultato contava ben poco. Oggi le due rappresentative sono contro, e il pensiero corre per forza a quella gara, quando - seppur ufficiosamente - giocarono assieme. Forse in futuro accadrà di nuovo, ma intanto stasera sarà la partita di James McClean.

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