Ciro e Jessica Immobile al red carpet del film Borg McEnroe alla Festa del Cinema di Roma (foto LaPresse)

Se volete sapere cosa pensa un calciatore seguitelo sui social

Gianfranco Teotino

Interviste ingessate e conferenze stampa piene di banalità ormai contano meno di un tweet polemico o di una foto su Instagram. E occhio alle mogli

L’ultimo, ma non ultimo, è stato Sergio Pellissier, attaccante, 39 anni, bandiera del Chievo, che lunedì scorso all’indomani della sconcertante fuga di Giampiero Ventura, a suo modo un inedito pure questo, si è sfogato su Instagram così: “…per dire che non c’è mai fine al peggio le dimissioni di un mister che dal primo momento che è arrivato se ne voleva già andare. Pazzesco!!!”. Non era mai successo che un calciatore intervenisse su un problema così serio, così sensibile, prima che la sua società si esprimesse, con l’allenatore ancora ufficialmente in carica. Anzi, in quelle ore concitate c’era anche chi riteneva che la vicenda potesse rientrare. Il post di Pellissier ha chiarito che era tutto finito.

  

Il calcio al tempo dei social network è costretto ad andare in rete persino più spesso che in gol. È un cambiamento epocale. Le notizie, le grandi novità come i piccoli casi, navigano sempre sulle onde del web. In tutto il mondo sui social si intercettano vicende legate al pallone che hanno risvolti non solo calcistici, ma anche politici o più semplicemente gossippari. Vale la pena ripercorrere tre storie simboliche che si sono sviluppate in questo mese di novembre qua e là per l’Europa.

  

Germania. Minuto 71 di Bayern Monaco-Friburgo, risultato 0-0: Lisa Müller, moglie di Thomas e campionessa (più o meno) di dressage, posta sul suo account Instagram (140 mila follower) il filmato dell’ingresso in campo del marito, a sorpresa inizialmente in panchina, con il commento: “Più di 70 minuti prima che gli venisse il lampo di genio”, riferito evidentemente all’allenatore Kovac. Minuto 79: il Bayern passa in vantaggio e la signora si rifà viva: “Otto minuti dopo…”. Poi, nonostante Müller, il Friburgo pareggia, finisce 1-1 e Frau Müller tace. Il giocatore informato dell’accaduto commenta: “Un gesto emotivo, forse inopportuno, ma che ci volete fare lei mi ama”. All’indomani, il Bayern pubblica sul suo sito un comunicato ufficiale, nientemeno, per garantire che dopo la gara la signora Müller ha avvicinato Kovac per porgergli le scuse e che l’allenatore le ha accettate. La sera stessa Lisa Müller rimuove dal suo account Instagram le foto che la ritraggono con il marito e i commenti che lo riguardano.

 

Gran Bretagna. Su tutti i campi del Regno Unito nel weekend del Remembrance Day i giocatori indossano il Poppy, un papavero rosso, simbolo dei caduti di tutte le guerre. Tutti i giocatori tranne due: il centrocampista serbo del Manchester United Matic e il terzino nordirlandese dello Stoke City McClean. Matic spiega su Instagram: “Rispetto chi indossa il Poppy, ma a me la parola guerra evoca il bombardamento della Nato in Serbia nel 1999, quando vivevo a Vrelo e avevo 12 anni. Perciò non me la sento di portarlo. Spero mi comprendiate”. Inutile precisare quantità e qualità degli insulti ricevuti a commento. A McClean va anche peggio, perché gli scappa la frizione e, dopo avere citato Bobby Sands, definisce “ignorante” e “cavernicolo” chi non capisce la sua scelta, da cattolico naturalizzato irlandese e nazionale dell’Eire, di rifiutare il simbolo: la Football Association apre un’inchiesta su di lui per uso di espressioni offensive sui social. Durissima la controreplica del giocatore su Instagram: “Ma mi indagate per cosa? È da sette anni che ricevo minacce di morte, violenze verbali e lanci di oggetti in tutti gli stadi e tutti fanno finta di non vedere e non sentire…”.

 

Italia. Lunedì 5 novembre. Ore 0.01: l’Empoli posta sull’account Twitter della società una bella foto tutta grinta ed entusiasmo dell’allenatore Andreazzoli: “Buon Compleanno Mister!”. Ore 18.56: sullo stesso profilo Twitter, “l’Empoli FC rende noto di aver sollevato Aurelio Andreazzoli dall’incarico di responsabile tecnico della Prima Squadra”, con foto diversa e più piccola dell’ex mister, questa volta con espressione ingrugnita.

 

Il calcio al tempo dei social è un rompicapo, a suo modo divertente. Ma persino i due allenatori più importanti e carismatici dell’èra contemporanea, Mourinho e Guardiola, nelle ultime settimane hanno dimostrato una certa difficoltà nel maneggiare la materia. Il portoghese è arrivato quasi alla rottura con Pogba, reo di avere postato su Instagram immagini che lo ritraevano in tribuna sorridente e con il pollice all’insù durante una partita persa dallo United: insufficienti a placarlo le testimonianze di chi assicurava che quella story era stata realizzata con la squadra in vantaggio per 1-0. Guardiola addirittura è arrivato a incolpare i social di avere irrimediabilmente guastato i rapporti fra calciatori e allenatori, rispetto a quando ancora giocava lui: “I caratteri delle persone sono gli stessi, oggi come allora ci sono giocatori più accomodanti e altri più inquieti e litigiosi, ma prima nessuno sapeva che cosa accade dentro gli spogliatoi o nel tempo libero. Ora si sa tutto di tutti. Non va bene”.

 

Certo, i social rendono più complicate le politiche di comunicazione delle società. Una volta era più facile tenere sotto controllo i tesserati, oggi i regolamenti tradizionali sono buoni soltanto per essere buttati nel cestino della carta straccia. Si può vietare un’intervista a un giornale, ma non un cinguettio su Twitter o una story su Instagram. Certo, nel caso il post sia offensivo o anche soltanto inopportuno per ragioni interne al club o di relazioni esterne, il giocatore può sempre essere multato o sospeso. Ma la vicenda diviene comunque pubblica e questo per il club rappresenta un danno procurato.

 

La riduzione del danno, anzi la sua cancellazione, è assicurata però dai ricavi che i social ormai garantiscono alle società. Se Cristiano Ronaldo sorpassa Selena Gomez, cantante e/o attrice americana, e diventa il personaggio pubblico più seguito su Instagram (1.450.000 follower) non ne trae vantaggio solo la sua azienda-famiglia, ma anche la Juventus. Non è un caso che negli ultimi cinque anni le entrate commerciali dei più grandi club calcistici europei siano diventate più consistenti degli introiti da diritti televisivi. Merito delle nuove tecnologie che consentono, pure agli sponsor, un rapporto più diretto con tifosi e clienti. Merito dei social.

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