Sergio Pellissier (foto LaPresse)

La missione impossibile di Pellissier

Leo Lombardi

Contro la Lazio l'attaccante, 40 anni ad aprile, ha dimostrato cosa significa vivere per il calcio. E ora insegue l'impresa più complicata, quella di salvare il Chievo ultimo in classifica

Novanta minuti a sbattersi in campo, come non gli capitava da quasi undici mesi. Novanta minuti in cui ha dimostrato a gente molto più giovane che cosa significhi vivere per il calcio. Sergio Pellissier di anni ne compirà 40 il 12 aprile, eppure contro la Lazio lo hai visto sacrificarsi dal primo all'ultimo minuto, segnando anche un gol. Alla faccia di chi aveva dichiarato, dopo la prima partita in panchina e dopo - ovviamente - la prima sconfitta, di aver trovato un gruppo “con giocatori già arrivati dopo mezz'ora”.

 

Quel qualcuno era Giampiero Ventura, che avrebbe preso congedo dal Chievo dopo appena quattro giornate, con dimissioni sorprendenti per tutti, compreso Pellissier. Ma subito pronto, per caratteristiche, a un contropiede via social: “Ventura voleva andar via fin dal primo giorno, abbiamo perso un mese di lavoro. In ventidue stagioni da professionista pensavo di aver visto di tutto, ma sono costretto ad ammettere che c'è sempre qualcosa di nuovo”. Parole che l'attaccante avrebbe ammorbidito nei giorni successivi, senza però deviare dal concetto di fondo. Quello che al Chievo “si vince e si perde tutti assieme, come deve essere una squadra”. 

 

E di questa squadra Pellissier è l'anima, fin da quando vi ha posto piede nel 2000, dopo essere cresciuto con il Torino ed essersi messo in evidenza nel Varese. Il Chievo lo acquista, lo manda in prestito un paio di stagioni alla Spal e lo riprende nel 2002, per non mollarlo più. Oggi Pellissier è il giocatore con la più lunga anzianità di servizio in un club di serie A, un'eredità che ha raccolto da Gigi Buffon, emigrato al Paris Saint Germain dopo diciassette anni di Juventus. Un'unicità che fa il paio con il fatto di essere l'unico calciatore del campionato nato in Valle d'Aosta, dopo l'eclissarsi di Paolo De Ceglie. Insieme con il castello, Pellissier è l'altra gloria di Fénis, paese di neanche duemila abitanti, a una manciata di chilometri dal capoluogo. Da quelle parti difficile dedicarsi a sport che non abbiano a che fare con la neve. Pellissier ha scelto il pallone, e ha scelto bene.

 

Con i gol è entrato nella storia della serie A. Quello di domenica contro la Lazio è stato il numero 110, firmato con un movimento da attaccante di rapina quale è. Una cifra che lo rende il quarto più prolifico in attività dopo Quagliarella, Icardi e Higuain. E sarebbero stati 111 se, nel 2005, l'arbitro Paparesta non avesse incredibilmente non convalidato una rete alla Juventus: palla sotto la traversa e poi una spanna dietro la riga. Avanti come se niente fosse, in un mondo che sarebbe venuto giù pochi mesi dopo con Calciopoli. L'impresa è essere riuscito a segnare con una tale frequenza in una squadra come il Chievo, che ha un nono posto come massimo risultato delle ultime dieci stagioni. E riuscendo, per di più, a indossare anche la maglia della Nazionale. Una presenza soltanto a 30 anni, su chiamata di Marcello Lippi in amichevole con l'Irlanda del Nord, ma firmata con un gol, una manciata di minuti dopo l'ingresso dalla panchina.

 

Dei gialloblù veronesi Pellissier è il capitano e il simbolo. Un amore ricambiato e che ha vissuto una sola grande crisi. Succede a fine stagione 2013-14, quando l'attaccante si ritrova ai margini (tribuna o, addirittura, squadra Primavera) con Eugenio Corini allenatore, uno con cui era stato compagno in campo. Un pensiero che dura lo spazio di un'estate e che viene meno quando il tecnico salta. Arriva Rolando Maran, una doppietta al Cesena sancisce il feeling ritrovato. O mai perso.

 

Oggi Pellissier insegue l'impresa più complicata, quella di salvare il Chievo ultimo in classifica, azzoppato dalla penalizzazione e da un inizio di stagione a dir poco complicato, cominciato con la gestione tecnica di Lorenzo D'Anna, proseguita con Ventura e in mano ora a Domenico Di Carlo. Manca ancora la prima vittoria, ma i due pareggi in trasferta con il Napoli e in casa con la Lazio dicono come la squadra sia viva. A cominciare da Pellissier, che si è concesso ancora una stagione sul campo. In attesa di Hans Nicolussi Caviglia. Ha 18 anni, gioca nella Primavera della Juventus, gli predicono un futuro importante. Ed è di Aosta.

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