Gasperini e il calcio vinile
L'Atalanta gioca un calcio rock, acuto e pungente come una frase di Neil Young
Una canizie che avanza inesorabile come a renderlo più antico, e forse più elegante. Antichità ed eleganza che non a caso sono la firma del suo calcio. Il calcio di Gian Piero Gasperini. Gioco antico, sembianza dei pionieri del pallone, dove il libero si preoccupava di difendere l’onore quando lo stopper ballava il liscio e il terzino si era rassegnato in attacco. Antico come quel calcio dove la marcatura a uomo si consumava fin dal mattino, quando il giocatore, sceso dal letto e infilato le pantofole, sentiva il profumo del caffè e lo scambiava per odore dell’avversario. Antico come le corse a perdifiato senza misura, in quella che oggi modernamente chiamiamo transizione. Squadra obliqua, storta. Verticale e tonda, lunga e cortissima. Squadra senza misure dell’allenatore che ha fiutato la moda del vintage prima degli altri. Gasperini come un vinile un po’ graffiato, gioca un calcio rock, acuto e pungente come una frase di Neil Young. Gasperini il sudamericano, nella misura in cui se ne frega delle regole convenzionali della tattica e si fa largo con idee ben chiare scambiate per confusione da avversari in difficoltà d’ossigeno. Elegante, perché la stoffa che indossa è di prima qualità. Knickerbocker in difesa e a centrocampo, lana ruvida ma di classe con i vari Palomino, Pasalic e de Roon, cachemire in attacco, con Ilicic, metà cavallo e metà nuvola, Gomez, metà di un genio, e Zapata, che da metà che era, è diventato un tutto con Gasperini, girando la faccia verso una porta che adesso guarda frontale, anziché di spalle come faceva prima. Elegante nel sorriso che sfodera a fine partita nonostante sia incazzato nero. Perché dicono che abbia un brutto carattere, scambiando forse il brutto per il brut, spumante con una personalità tutt’altro che disprezzabile. Sbagliato pensare che dietro al suo perfezionismo e a certe tempeste dell’anima, si nasconda un rompiscatole. Tutt’altro, l’inclinazione alla burrasca risiede in chi ama, ambiziosamente ama. Gasperini ama il suo lavoro, lo studia, e poi, con un certo coraggio, intraprende strade nuove, sforzando la memoria se questo è necessario. Ha capito che il tiki taka è defunto, che l’applicazione rigida del 4-4-2 produce partite orizzontali, che il 3-5-2 è sovente una scusa per difendersi. Allora ha deciso di fare marcia indietro, tornando agli anni in cui non c’era lo sponsor sulle maglie, e il 2 era un mastino, l’8 un precisino, il 10 un sognatore e l’arbitro un uomo solo. E’ successo un giorno di settembre di alcuni mesi fa. Il Gasp si è seduto sulla poltrona preferita, ha posato sopra un piatto un vecchio vinile, chiuso gli occhi, e tra le note sempre un po’ stonate del solito Neil Young, cercato il nuovo calcio. Lo ha trovato dentro un cassetto dei ricordi rimasto chiuso, sopra una foto in bianco e nero. Era ancora intatto, soltanto un po’ sbiadito.
Il Foglio sportivo