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Cara Juventus, la Champions si vince così. I consigli di Sacchi

Umberto Zapelloni

"I bianconeri hanno tutto per farcela quest'anno. Roma, attenta a non bruciare Zaniolo". Parla l'ex tecnico del Milan, che conquistò due Coppe dei Campioni, e della Nazionale 

Che sia ricominciata la Champions League lo sanno ormai anche sulla Luna. Quello che non sanno neppure da quelle parti è che Juventus si vedrà in campo contro l’Atletico Madrid. Non tanto per i dubbi di formazione dovuti alle condizioni dei suoi bronzi di difesa con cui dovrà fare i conti Max Allegri, ma per l’approccio con cui la squadra bianconera, dominatrice in Italia, si ritufferà nell’unica competizione che quest’anno le interesa davvero. Ancora abbagliati dalla stella di Zaniolo, il baby fenomeno che non sapevamo di avere tra noi, proviamo a leggere il futuro della Champions con Arrigo Sacchi che questa coppa se l’è portata a casa due volte, ma soprattutto che grazie al palcoscenico europeo ha cambiato per sempre l’immagine difensivista e opportunista del calcio italiano.

 

 

Sacchi è bravo a non lasciarsi abbagliare dalle mode del momento. Resta sempre se stesso. Fedele alle sue convinzioni. Prendete Zaniolo, l’uomo del momento a Roma, in Italia, in Europa. Arrigo suona l’allarme: “Lo possiamo solo rovinare. Abbiamo una grande capacità a creare un mito e poi ad abbatterlo. Io lo conosco da molto tempo e sono preoccupato. Un ragazzo deve avere dei grandi attributi per resistere a tutta questa pressione, a tutta questa gente che ti racconta che hai fatto un nuovo record, che sei meglio di Totti, che sei un fenomeno. È in un momento in cui gli va bene tutto, contro il Porto ha fatto due gol, ma non ha giocato una grandissima partita. Bisogna imparare ad avere pazienza. È bravo, ha generosità, entusiasmo, passione. Deve mantenere questi valori in una squadra difficile, in un ambiente difficile, in una città che ti fagocita. Uno mi dice che cosa c’entra. C’entra, l’aspetto sociologico centra: io quando arrivai a Milano mi accorsi che anche gli uomini di 80-90 anni camminavano velocemente… e mi dissi questi il pressing lo hanno nel dna”.

 


Arrigo Sacchi con i giocatori del Milan atterrato all'aeroporto di Milano-Malpensa dopo la vittoria della Coppa dei Campioni 1988-1989 a Barcellona contro la Steaua Bucarest (Foto tratta da Wikipedia) 


 

“Se mi avessero chiesto un mese fa chi stava meglio tra le sedici squadre rimaste in Champions avrei dato delle risposte diverse. Avrei detto che il Barcellona stava meglio del Real Madrid, che il Psg con tutti quegli infortunati avrebbe avuto dei problemi. Il Manchester City all’inizio dell’anno aveva perso 3-0 con il Nottingham Forest e la settima a scorsa abbiamo visto come ha trattato il Chelsea. In poche settimane può cambiare molto. Il Psg invece ha vinto bene e meritatamente. Bisogna saper entrare in forma nel momento topico: la Juve di solito è molto brava a farlo e poi la Juve è agevolata perché il campionato lo ha già vinto e può concentrarsi solo sulla coppa, mentre City e Liverpool stanno giocando alla morte per la Premier”. Un aiuto o una complicazione considerando il campionato poco allenante? La domanda viene spontanea. Ma con Sacchi non è mai difficile trovare risposte: “Il nostro campionato è comunque poco allenante, sia che tu lo abbia già vinto, sia che tu stia lottando per vincerlo. È un campionato costipato, un campionato dove la tattica prevale su tutto. Gli italiani sono molto bravi tatticamente, un po’ meno come strateghi”.

 

La ricetta di Sacchi per vincere la Champions in fin dei conti è semplice. Ma con tanti ingredienti: “Servono passione, volontà, determinazione: sono fondamentali come la benzina in un’auto. Poi servono il gioco e la strategia. In Italia si vince di più difendendosi, in Europa, e basta guardare la storia degli ultimi anni, si vince attaccando. La Juve per vincere la Champions ha tutto, una grande storia, una grande società con una forte leadership, un allenatore che ha molti pregi e pochissimi limiti, ha dei grandi giocatori esperti e maturi. Cristiano non mi ha sorpreso, è un professionista pazzesco. I giocatori di talento spesso ti danno con una mano e ti tolgono con l’altra. Io ho conosciuto l’altro Ronaldo che era un talento enorme, ma era un cattivo esempio per tutti, io avevo vietato ai ragazzi delle giovanili di venire a vedere gli allenamenti. Invece CR7 è fantastico, ha quell’ambizione sana che ti fa vincere. Lui dice di sé: mi alleno meno, mi riposo bene e alleno l’intelligenza. Noi pensiamo sempre che a essere importanti siano i piedi, ma Michelangelo diceva che i quadri si dipingono con la mente e la mano è solo un mezzo e il calcio è lo stesso…”.

 

Torniamo sulla terra. Torniamo alla Juve: “Se vogliamo proprio trovarle un difetto diciamo che è una squadra vecchia, ma una squadra ancora valida, la squadra guida del nostro calcio e per tutto il movimento sarebbe un grande successo vederla vincere la coppa. Dovrebbe essere l’anno buono, ma…”. Ci vuole anche fortuna, ci viene da aggiungere. Non l’avessimo mai detto. “Eh no… più sfortunato del Paris St. Germain che ha perso Cavani e Neymar non c’è nessuno, eppure… No, più che fortuna ci vuole gioco. Con il gioco sopperisci alle assenze. La somma delle qualità individuali non fa la qualità della squadra. Solo i popoli con poca fiducia in se stessi e poca cultura se la prendono con la fortuna o la sfortuna”.

 

Certo parlare di gioco in casa di Allegri è un po’ come parlare di corda in casa dell’impiccato. Di tifosi juventini contenti del gioco non ce ne sono molti in giro “È lo stesso Allegri a dire chiaramente: se volete divertirvi andate al circo. Dice sempre che conta solo vincere. Il bel gioco non è un suo obiettivo, gli altri obiettivi però li sa centrare bene”. Filosofie diverse. Per inseguire lo stesso risultato. Con una differenza fondamentale: vincere rivoluzionando porta nella storia, vincere soltanto porta solo nell’albo d’oro.

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