Rosario Abisso, arbitro di Fiorentina-Inter (LaPresse)

Altro che Var, la colpa è sempre dell'arbitro

Quarantino Fox

Le accuse alla "moviola" sono sempre più frequenti, dalla serie A alla Champions. Ma i responsabili degli errori (tanti) restano sempre i fischietti centrali. Lo dimostra Abisso in Fiorentina-Inter

Quando si critica il Var, cioè lo strumento deputato a stabilire se un arbitro ha commesso un chiaro ed evidente errore – un errore oggettivo, come oggettiva è la valutazione su un pallone che ha varcato o no la linea di porta – bisognerebbe innanzitutto ricordarsi che il ricorso al Var e la decisione ultima sull’episodio resta sempre in capo all’arbitro centrale, che mai è stato depotenziato nella sua autorità. Per dirla in modo più semplice, spetta al giudice di gara decidere se affidarsi a ciò che si vede al monitor o restare convinti di quello che i propri occhi hanno osservato a velocità normale. In sostanza, l’arbitro con gli huevos – per dirla con Simeone – dovrebbe saper resistere alla tentazione di vivisezionare un’azione sospetta al rallenty e confermare quanto stabilito subito, d’istinto. Anche perché la moviola è cosa ben diversa dall’azione che si sviluppa a velocità normale: si pensi a una gomitata, che spesso l’immagine bloccata rende molto più grave di quello che è nella realtà. Insomma, il Var non nasconde i punti deboli degli arbitri e chi pensava che la moviola avrebbe uniformato il giudizio risolvendo tutti i problemi aveva preso chiaramente una cantonata. Lo abbiamo visto domenica sera, nel posticipo di serie A, Fiorentina-Inter, con il promettente Rosario Abisso che ha scelto – all'ottavo minuto di recupero del secondo tempo – di assegnare un rigore dubbio ai padroni di casa. Un fallo di mano che, rivisto alla moviola, non sembrava essere tale. E nemmeno al monitor del Var, dove era stato prontamente richiamato. Incredibile la decisione di restare fermo sulle proprie posizioni, accordando la massima punizione.

 

Un altro caso, altrettanto evidente, lo si è avuto mercoledì sera, in Champions League, la massima manifestazione continentale che da una settimana ha adottato il supporto tecnologico al posto degli inutili arbitri addizionali d’area, nonostante i dubbi dei vertici dell’Uefa e di federazioni assai pesanti (quella inglese su tutte). In Atletico Madrid-Juventus il monitor è stato una sorta di fischietto aggiunto, quasi un badante dell’arbitro tedesco Felix Zwayer, che ha sbagliato tutto ciò che era possibile sbagliare. Inesperto e inadeguato a dirigere una partita che si presentava tesa fin dal sorteggio dello scorso dicembre, è sembrato sempre in balìa degli eventi. Clamoroso il caso del gol annullato a Morata per una spinta che a velocità normale non aveva giudicato meritevole di sanzione. Chiamato in causa dai colleghi al monitor, Zwayer ha riguardato tutto – al rallenty – e ha deciso di annullare la rete. Detto che la spinta era davvero leggera, il caso si può configurare – a norma del protocollo vigente – come un chiaro ed evidente errore? In Italia è stato spiegato che il Var può e deve intervenire solo se la topica è oggettiva, altrimenti vale la decisione dell’arbitro centrale. La risposta è scontata: non era un chiaro ed evidente errore, anche perché se c’è una cosa che è sempre soggettiva nel calcio è la spinta. Col metro adottato da Felix Zwayer – che dolore che dà vedere il declino inarrestabile della classe arbitrale tedesca –, in Italia assisteremmo ad almeno sette-otto calci di rigore a partita e ad altrettanti gol non convalidati. È un errore palese che servirà a chiarire il modo in cui si debba ricorrere al Var. Strumento che è mal compreso anche da chi ormai è abituato al suo uso, come accade da noi.

 

Domenica 17 febbraio, in Spal-Fiorentina, è accaduto il caso limite (previsto ma finora mai verificatosi): rigore negato ai viola, su contropiede i biancoazzurri segnano. Paolo Silvio Mazzoleni al monitor richiama Luca Pairetto e gli spiega che prima si è perso un fallo netto in area a danno di Chiesa (Fiorentina). Errore chiaro? Sì. Da qui la decisione: rigore e rete annullata alla Spal. Veementi e tipicamente italiane le proteste della società danneggiata, ingiustificate se non per un particolare: il tutto è stato deciso in troppo tempo, quattro minuti. Che nel calcio – soprattutto nel calcio di oggi – sono un’eternità. Anche qui, tutto nasce non dall’intervento sconsiderato del supporto tecnologico, che ha sanato un errore marchiano, ma dalla debolezza di un fischietto non di prima fascia che si era perso un evidente fallo in area di rigore.

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