Scaroni, Agnelli e Malagò ci spiegano dove va lo sport italiano
Il Foglio a San Siro incontra atleti, dirigenti e giornalisti. Dal destino dello Stadio Meazza alle Olimpiadi: ecco cosa ci hanno raccontato
Il Foglio Sportivo a San Siro ha incontrato sportivi, dirigenti, giornalisti e scrittori per capire quali sono le strategie e sfide per lo sport italiano per i prossimi anni. Tra questi, il presidente del Milan Paolo Scaroni, che ha affrontato il tema San Siro, luogo dell’incontro di oggi ma anche al centro di una discussione ampia sul futuro dell’impianto che rischia anche la demolizione. La sorte delle infrastrutture – dice il dirigente – è strettamente legato alle necessità economiche delle squadre. “Per vincere nel calcio ci vogliono dei buoni giocatori che vanno pagati bene. E per farlo bisogna fare profitti perché il patron che mette mano al portafoglio non c’è più – dice Scaroni – I nostri ricavi sono fermi al palo. Il Milan l’anno scorso ha fatturato 200 milioni esattamente come nel 2003 e l’aumento èm stato uguale a zero. Per farci un’idea il Real Madrid fattura miliardi di euro. Per questo dobbiamo avere lo stadio di proprietà, che deve essere sempre aperto e sempre pieno, anche quando non c’è la partita”.
“Inter e Milan – continua Scaroni – sono alleati in questo progetto di uno stadio moderno ed efficiente per le due squadre”. Così, lo stadio di San Siro sembra essere destinato alla demolizione: “Se è ristrutturatile? Direi di no – dice il presidente del Milan – perché non arriveremmo mai all’efficienza che potremmo arrivare con una struttura modernissima”. E poi ci sono i problemi logistici: “Se dovessimo fare dei megalavori, Milan e Inter dovrebbero giocare in trasferta per tre ani. Impensabile”.
Purtroppo c’è poco spazio per i sentimenti, anche per strutture storiche come quella di San Siro: “Come società abbiamo due montagne da scalare: quella dei risultati sportivi e quella dei risultati economici – dice Scaroni – Lo stadio è l’ingrediente fondamentale del prodotto calcio. E poi ci sono sponsorizzazioni”.
E anche i risultati sportivi devono avere una ricaduta positiva su quelli economici. Così, per Scaroni, “vincere lo scudetto sarebbe bello. Ma in Champions League si hanno dei ricavi molto maggiori. Per nutrire i nostri 400 milioni di fan nel mondo dobbiamo partecipare alla competizione europea. Ne abbiamo bisogno”.
Più cauto invece il vicepresidente esecutivo di Pirelli, Marco Tronchetti Provera. Anche lui intervenuto all’evento del Foglio Sportivo, il dirigente interista ha detto che demolire San Siro sarebbe “un delitto, perché è un simbolo di Milano ed è un impianto bellissimo. La parte economica conta, ma c’è anche quella emotiva”.
Ma i sentimenti non portano utili, almeno secondo il presidente della Juventus Andrea Agnelli: “San Siro? Se dovessi scegliere io vorrei uno stadio nuovo e moderno, non si può essere nostalgici. Fosse per me direi che il Milan e l’Inter dovrebbero avere ciascuno la sua struttura”.
Tanti i temi affrontati da Agnelli, preoccupato in particolare dalle sfide che attendono il mondo del calcio per i prossimi decenni. “Il futuro del calcio, dal 2024 in poi, è tutto da scrivere. Ma dobbiamo cominciare oggi a pensarci, sia per il calcio dei club sia per quello delle nazionali. Di recente c’è stata l’Assemblea generale Eca ad Amsterdam - ha raccontato Agnelli - E’ stato un momento importante della governance calcistica, quasi epocale. Abbiamo paesi con grande storia che ora faticano – come Portogallo, Scozia, Olanda – e altri che stanno emergendo: quale è il sistema per permettere a tutti questi paesi di competere e crescere? Oggi queste federazioni possono partecipare alla Champions League, ma per loro è quasi come vincere un biglietto della lotteria sapendo di non poter competere. Da Ceferin, presidente dell’Uefa, abbiamo avuto rassicurazioni su come mettere insieme un progetto sul calcio del futuro entro i prossimi 18 mesi”.
Agnelli ha poi parlato di un’altra questione essenziale per i club, quella delle competizioni internazionali e dei calendari. “I rapporti con la Fifa sono buoni – ha detto il presidente –. L’attenzione mediatica si è focalizzata sulla Coppa del mondo per club. Certo, si tratta di una competizione che quando si gioca nessuno quasi se ne accorge. Questo è stato detto più volte a Infantino. Oggi poi il calendario è congestionato. Dobbiamo avere rispetto per giocatori che non sono macchine. Abbiamo detto alla Fifa che prima di individuare nuove competizioni dobbiamo pensare a che tipo di calcio vogliamo nel post 2024.
Infine, Agnelli si è soffermato sulla Nazionale italiana di Roberto Mancini e Cristiano Ronaldo. “Gli Azzurri hanno avuto un avvio buono. E credo sia un onore per i ragazzi partecipare e dare il massimo con la maglia dell’Italia”. Sull’infortunio di Ronaldo, che rischia di saltare la pretta di Champions League contro l’Ajax, Agnelli ha detto di essere ottimista: “La fortuna della Juve è di avere una rosa importante. Cristiano se ce l’hai in campo ti dà una sicurezza in più. Ma la stagione è ancora lunga ed è più importante tutelare il giocatore per i prossimi due mesi e mezzo”.
Della candidatura di Milano e Cortina alle Olimpiadi invernali del 2026 e del problema delle infrastrutture sportive obsolete nel nostro paese ha parlato il presidente del Coni, Giovanni Malagò. “Lunedì arriva la delegazione del Cio. Siamo convinti della qualità del nostro progetto. E’ la candidatura più low budget nella storia degli giochi olimpici, non solo invernali. E poi abbiamo sfruttato appieno le possibilità offerte dall’Agenda 2020. Quella di mettere il titling a due città, Milano e Cortina, è stata una mia idea. Credo che la partita per la candidatura sia molto aperta”.
Sul tema San Siro, Malagò ha detto che la decisione deve essere presa col Comune di Milano: “Secondo me se parlano 60 milioni di italiani non si riuscirà a fare niente. Qui i soggetti sono solo tre: le due società e il comune che è proprietario. Questi tre devono chiudersi in una stanza e discutere e valutare per trovare e perseguire una soluzione”.
Infine, Malagò ha affrontato il tema degli impianti sportivi obsoleti, soprattutto al sud, e di cui si è occupato oggi anche il Foglio Sportivo. “Molti atleti italiano forti vengono dal sud. Guardate alla scherma, quasi tutti sono siciliani. Ma se non hai realtà economiche di rilievo e impianti adeguati non vai da nessuna parte. Al sud poi la realtà politica locale è più complessa”. Malagò ha citato il caso del progetto Sport e periferie. “Era orientato alla costruzione o all’adeguamento di impianti sportivi nelle periferie più degradate, perché crediamo che lo sport sia la medicina per risolvere i problemi sociali. Dei 187 progetti approvati la gran parte è andata al sud, in Calabria soprattutto. Poi però siamo andati alla fase operativa e purtroppo abbiamo scoperto che le cose che erano state scritte a monte, nella presentazione dei progetti, erano false, oppure che mancava un progetto esecutivo. Mi dispiace dirlo ma è la verità: si fa più sport dove la gente è più benestante e dove il clima è meno favorevole. Perché sì, c’è un problema di impiantistica, ma anche di cultura”.