Koulibaly, la montagna che gli attaccanti devono scalare
Il difensore, anno dopo anno, è diventato uno dei punti di forza del Napoli e oggi, alla quinta stagione, può essere considerato una bandiera
In questo campionato Kalidou Koulibaly non aveva ancora segnato. Tutto era rimasto cristallizzato intorno a quell'incornata prepotente, il 22 aprile dello scorsa stagione. Era il gol con cui il Napoli aveva conquistato la vittoria a Torino, in faccia ai tifosi della Juventus, e aveva riaperto la serie A. Salvo poi buttarla via la domenica successiva a Firenze, tramortito dai tre gol di Giovanni Simeone e da una settimana in cui si era pensato più a festeggiare che a concentrarsi sulle ultime giornate. C'è chi gli scudetti li ha vinti in segreteria, come diceva José Mourinho dell'Inter, e c'è chi li ha persi in albergo, come avrebbe detto Maurizio Sarri riguardo all'atteggiamento del Napoli.
Sarri, per l'appunto. Quando nel 2015 arriva dalla provincia a una big, riserva a Koulibaly lo stesso trattamento sperimentato con Gonzalo Higuain: “Ascoltami e diventerai un campione”, gli dice. E non avrebbe potuto trovare terreno più fertile, perché il centrale è sempre stato definito un “secchione” del calcio, come lo era a scuola: gli piaceva studiare sui libri, gli piace imparare con il pallone. Lo fa a Metz, dove nelle giovanili gioca con Miralem Pjanic e in prima squadra con Sadio Mané, formidabile attaccante del Liverpool e suo capitano nel Senegal.
Koulibaly è nato in Francia da genitori giunti dall'Africa, Francia da cui si congeda quando il Metz retrocede, per andare al Genk. Gli bastano due anni per finire sul taccuino degli scout del Napoli. Nel 2013, a dicembre, lo chiama al cellulare Rafa Benitez, per convincerlo ad andare in azzurro. Lui pensa a uno scherzo, e gli chiude il telefono in faccia. Si convince che sia tutto vero solo quando glielo spiega Bruno Satin, suo agente. E la seconda telefonata va a buon fine. Nel 2014 Koulibaly approda in Italia per 8 milioni di euro, le cose non vanno subito benissimo, nonostante sia stato voluto dal tecnico spagnolo in persona. Finisce anche in panchina, per poi riprendersi la squadra nel girone di ritorno. A fine stagione Benitez viene congedato e comincia l'epoca Sarri. Koulibaly all'inizio ha qualche passaggio a vuoto, pensa di non godere della considerazione del tecnico, chiede di essere ceduto. Viene salvato dalla sua capacità di apprendimento, facendo facilmente proprie le idee del nuovo allenatore. Quando le assimila appieno, diventa insostituibile, con una serie di prestazioni che solleticano l'attenzione di Didier Deschamps, che vorrebbe fare del centrale l'erede di Lilian Thuram nella Nazionale maggiore. Ha già preso parte al Mondiale Under 20 con la Francia, il ct pensa sia possibile. Ma da cinque mesi Koulibaly ha scelto il Senegal: Deschamps rimedia una figuraccia, il difensore un attestato di stima nel processo di crescita personale.
Anno dopo anno diventa uno dei punti di forza del Napoli e oggi, alla quinta stagione, può essere considerato una bandiera, specialmente dopo l'addio di Marek Hamsik. Koulibaly è un interprete moderno del ruolo. Ottimo fisico ma non eccelso, rimedia a eventuali lacune fisiche con senso del tempo e tecnica da centrocampista. Carattere forte, da naturale leader. Lo si vede anche nel modo in cui reagisce agli insulti razzisti che riceve prima dai tifosi della Lazio, poi da quelli dell'Inter. Lui si arrabbia, alza le spalle e riprende a macinare chilometri e a stritolare gli avversari, alla faccia di quelli che sostengono che i giocatori di colore non debbano mai essere schierati al centro di una difesa, per eccesso di amnesie. Queste non colgono Koulibaly, elemento dalla grande continuità di rendimento. Anche adesso che non c'è più Sarri ed è arrivato un allenatore che sa farsi benvolere come Carlo Ancelotti. Il senegalese ha proseguito il percorso di crescita e domenica, contro il Chievo, ha trovato i primi gol di stagione. Un percorso che però non è stato seguito dal Napoli tutto, incapace di venire a capo dello strapotere Juventus. Una stagione complicata, come sono spesso quello di transizione in panchina, e che potrebbe essere salvata unicamente da un passaggio del turno (oggi complicato) in Europa League con l'Arsenal. Se, dopo campionato e Coppa Italia, arrivasse il terzo fallimento, le strade di Napoli e Koulibaly potrebbe separarsi. Non mancano i pretendenti e Aurelio De Laurentiis potrebbe garantirsi una plusvalenza con i fiocchi. Arricchirebbe le casse del Napoli, ma il club sarebbe più povero senza K2, la montagna che gli attaccanti devono scalare.