Championship, la serie B più bella del mondo
Bomber rinati, belle promesse e stadi pieni. Ecco la serie in cui non si nega una seconda occasione a nessuno
Quando lo scorso giugno il Norwich metteva sotto contratto lo svincolato Teemu Pukki, nessuno avrebbe pensato che 10 mesi dopo la corona di miglior giocatore della Championship, la serie B inglese, sarebbe caduta proprio sulla testa del finlandese. Certo, quei pochi talenti che si sono visti dalle parti di Helsinki hanno saputo esprimersi alla grande soprattutto sul suolo britannico (ricordate Litmanen, Hyppia, Forssell?). Ma che il freddo attaccante dei Canaries potesse rubare la scena destinata al caliente Bielsa e al suo Leeds è stata la sorpresa più gradevole di un campionato che ancora una volta si dimostra ricco di talento e mai scontato. Perché Pukki è uno che le sue occasioni già le aveva avute, ma mai le aveva colte del tutto: a 17 anni era già al Siviglia, nel suo curriculum ci sono anche tre anni allo Schalke 04 e uno al Celtic. Esperienze internazionali dove mai aveva fatto parlare di sé. Poi il ritorno in Scandinavia (al Brondby) con 4 stagioni al top, lo svincolo e la chiamata – a 28 anni – del Norwich, un club che quest’anno pareva dover guardare le altre giocarsi la promozione e che invece è stato accompagnato dal finlandese a suon di gol (27 in 38 partite, più 10 assist prima di ieri) a un passo dal ritorno in Premier. Rispetto al passato, Pukki ha pure cambiato look: i capelli sbarazzini hanno dovuto cedere alla stempiatura, e la barba ha regalato esperienza al suo volto.
Il premio come miglior giocatore del campionato è l’ennesimo segno che una seconda chance il calcio la sa dare a tutti, ancor di più in Championship. C’è un esempio che Pukki e gli altri come lui non si stancano mai di ricordarsi. Quello di Jamie Vardy, attaccante del Leicester simbolo della vittoria della squadra di Ranieri nella Premier League 2015-16. Nel 2012 le Foxes – che erano ancora in Championship – lo acquistarono dal Fleetwood Town per più di un milione di sterline, una cifra record per un trasferimento da un club di Conference (dilettantismo). Vardy per due stagioni sgomitò in seconda divisione, e solo a 27 anni riuscì, per la prima volta, a mettere piede in Premier, campionato che appunto due anni dopo conquistò. Sguardo corrucciato e piede divino, non aveva i capelli ossigenati di Aguero né i colpi acrobatici di Ibrahimovic, ma in area diceva sempre la sua, tanto da arrivare perfino ai Mondiali di Russia. Prima di lui c’erano stati almeno altri due esempi di bomber esplosi in Championship e arrivati ai vertici inglesi solo molto tardi. Ricky Lambert, uno che a 18 anni non giocava certo nel settore giovanile di qualche grande club, bensì raccoglieva barbabietole in un’azienda agricola del Merseyside cercando una squadra che gli regalasse un contratto. Dopo anni nelle serie minori la sua fortuna fu passare, nel 2009, al Southampton: una rete via l’altra, guidò i Saints a una doppia promozione (dalla League One alla Premier), in Championship fu nominato pure lui calciatore dell’anno e dopo pochi mesi approdò in Nazionale, nel 2013. L’altro campione sui generis è Grant Holt, che ha una storia pazzesca: classe 1981, bomber goffo da 94 chili di pancia, è arrivato in Premier col Norwich da capitano solo a 30 anni, dopo aver girato il mondo per giocare a pallone (era finito perfino in Australia e a Singapore) e aver lavorato anche in un’officina per auto. Coi Canaries fece pure 23 gol in due anni di Premier, cambiò alcune squadre e si ritirò lo scorso anno, per passare a un’altra disciplina sportiva, il wrestling.
C’è insomma un conto aperto tra i bomber inglesi non più giovanissimi e la Championship. Prendi ad esempio lo Sheffield United, oggi secondo in classifica con il Leeds. Davanti punta forte su Billy Sharp, 33 anni, nome anonimo per chi non sa guardare più sotto della Premier League (dove ha giocato solo due partite), ma che invece ha dalla sua storie e primati. I numeri, anzitutto, lo consacrano come il miglior bomber della Football League del XXI secolo (siamo a 227 reti in 505 partite), record soffiato proprio a Ricky Lambert lo scorso gennaio. La storia lo lega a due maglie, o meglio, a due messaggi. Il primo fu mostrato nel 2010, quando giocava al Doncaster e segnò una rete al suo Sheffield, squadra che ha sempre tifato e dove è pure cresciuto, ma con la quale ancora non aveva trovato il giusto feeling all’epoca, anche a causa delle critiche dell’allenatore che lo riteneva sovrappeso. Non festeggiò, dopo quel gol, ma mostrò solo una maglia con scritto: “Fat lad from Sheffield” (“Grasso ragazzo da Sheffield”). I tifosi della sua città natale all’inizio non gradirono, e si sarebbe dovuto attendere il 2015 per vederlo tornare coi colori dello Sheffield, ancora per quella storia per cui la Championship ha sempre una nuova occasione da offrire. Nel frattempo, però, Sharp aveva mostrato una seconda maglietta, nel novembre 2011, dopo aver perso il figlio, morto dopo appena due giorni di vita: “That’s for you son!”. Fu un dramma che toccò il ragazzo e la sua famiglia, portandolo però nel cuore di tanti tifosi. Pochi giorni dopo, i supporter dello Sheffield si alzarono in piedi e applaudirono al minuto 24 (come il numero di maglia di Billy) del match contro lo Stevenage, in omaggio a quel campione che come loro tifava per le Blades e che – ne erano certi – prima o poi avrebbero rivisto a Bramall Lane.
Stempiati o sovrappeso, sono i bomber come Pukki e Sharp ad aver plasmato una categoria dall’essenza unica. Ci dev’essere un motivo – d’altronde – se la Championship nel report della Uefa del 2018 è passata a essere il terzo campionato con più tifosi al mondo, dietro a Premier League e Bundesliga, e davanti a colossi come Liga e Serie A. Qui gli stadi strabordano di tifosi, ci sono squadre dal passato nobile e le proprietà straniere non si stancano di cercarsi un nuovo club da finanziare e portare in alto (ci sono presidenti da ben 13 nazioni diverse, Italia e Grecia comprese). E assieme ai bomber stagionati crescono pure giovani dal domani brillante: il gallese Harry Wilson, in prestito al Derby County dal Liverpool, è sulla bocca di tutti almeno dalla rete con cui ha punito il Manchester United in Coppa di Lega, lo scorso settembre. Un gol pazzesco lo segnò, al debutto in Championship lo scorso agosto, pure Harvey Barnes, in forza al West Brom (ma di proprietà del Leicester), mentre Tammy Abraham dell’Aston Villa ha avuto la saggezza di non cedere alla prima telefonata dalla Premier League (lo voleva il Wolverhampton) ma di rimanere ancora qualche mese per portare la sua squadra almeno ai play-off. Per loro il nome da inseguire è quello di Ryan Sessegnon, giovanissimo motore del Fulham che lo scorso anno inanellò 24 risultati utili consecutivi e ottenne un impensabile piazzamento ai play-off, per poi vincerli. La stagione terribile dei Cottagers (già retrocessi dalla Premier) non toglie speranza al domani del 19enne londinese, tenuto d’occhio da più di una grande e pure dal ct della Nazionale Southgate. Nel caso gli andasse male, potrà sempre tornare in Championship. Qui, una nuova occasione non si nega a nessuno.