Solskjær (foto LaPresse)

Solskjær si è sgonfiato, qualcuno intervisti Fognini

Jack O'Malley

Il finale di stagione in Premier League vale dieci serie A. Il tennista già campione di sobrietà

Come avevo facilmente previsto, appena ottenuto il contratto per la prossima stagione Ole Gunnar Solskjær ha smesso di allenare il Manchester United. Non che prima lo facesse, per carità, ma era ancora in quel momento magico che capita a molti allenatori che arrivano a metà stagione sulla panchina di una squadra mediamente forte che però non sta dando i risultati sperati. Nei giorni in cui tutto viene spazzato via con la velocità di un trasloco, consumato come una pinta di birra prima della partita, si è dovuto costruire in tutta fretta il mito dell’ex campione del gol all’ultimo minuto della finale di Champions che torna a casa, salva giocatori, ambiente e società, e ridà presentabilità a un brand diventato antipatico e poco vincente con Mourinho.

 

Dopo qualche mese anche il norvegese con la faccia da adolescente ha smesso di essere il novellino simpatico, ha litigato a distanza con Guardiola per poi essere umiliato sul campo dal City nel derby che poteva decidere la corsa per il titolo. Un incubo per ogni tifoso dello United: in caso di vittoria avrebbero forse consegnato il campionato agli odiati nemici del Liverpool, perdendo lo hanno quasi regalato agli insopportabili “vicini rumorosi” del City, per dirla alla Ferguson. Così adesso ci sono i big che se ne vogliono andare a fine stagione, i critici che dicono che Solskjær non è all’altezza e lui che cade nell’errore dell’operazione nostalgia – che funziona per vendere, meno per vincere. Almeno in Premier League c’è un finale di campionato da seguire e commentare, in Italia vedo che le cose più entusiasmanti sono le polemiche tra un ministro, Salvini, e il direttore generale del Milan, Leonardo.

 

Siamo quasi al livello di Rafa Benítez che rimpiange la sua giovinezza vincente e attacca i giocatori della sua Inter colpevoli secondo lui di non volere far giocare Coutinho, salvo poi fare come gli interisti e parlare sempre dell’ultima Champions vinta, in tempi così lontani che i leader politici non iniziavano ancora le crisi di governo defollowandosi su Instagram. Interessante, vero? Meglio usare il social network per scoprire chi si è trombato l’attaccante del Real Madrid Vinícius, confrontando il bagno in cui si è fatto un selfie con quello in cui se lo è fatto la nota intellettuale brasiliana Maria Julia Mazali. Difficile però che il campione sudamericano batta il sobrio Fabio Fognini, il quale dopo la vittoria a Monte Carlo si è subito concentrato sul prossimo torneo dando più interviste di Linus nei mesi estivi ai giornali italiani. In una ha spiegato di fare sesso una quindicina di volte a settimana, dimostrando che l’unico vero problema del maschio italiano non è vincere qualcosa, ma far vedere di averlo più lungo degli altri.

 

Ce ne dimenticheremo quando verrà eliminato al primo turno del Roland Garros, grazie a Dio. Pippa sopravvalutata o campione inespresso? Questa domanda non ci farà dormire la notte, riempirà le nostre cene e le nostre chat assieme alle altre grandi domande fondamentali dell’uomo: perché il gol dell’ex è sempre “il più classico”? Perché continuiamo a considerare la Ligue 1 un campionato di calcio? Perché nessuna big vuole Gasperini? Perché persino un tombino batte la Williams in Formula 1? Perché non gioco a tennis bene come Fognini? Ma soprattutto, perché il mio bicchiere è già vuoto?

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