Il giovane del sud, l'identità perduta
Il litigio di Gattuso con Bakayoko e una domanda: un calciatore si sarebbe mai sognato di rispondere con un insulto diretto e pesante a un Sacchi o a un Capello?
Dicono che un giorno Berlusconi, incontrando un giovane giocatore del Milan nella sala relax di Milanello, gli chiese: “Come passi il tempo libero?”. Il ragazzo rossonero, da poco maggiorenne, timido e in soggezione di fronte al presidente, prese la stecca in mano e rispose: “Facendo questo presidente, giocando a biliardo”. “E poi?”, replicò Berlusconi. “Null’altro presidente, ancora stecca e biliardo, biliardo e stecca”. Il giorno dopo l’emozionante incontro, il giovane milanista stava camminando verso gli spogliatoi del centro sportivo quando sentì un frastuono. In lontananza vide un grosso camion nel parcheggio da cui alcune persone stavano scaricando una grande quantità di pacchi. Uno di questi era caduto aprendosi. Si avvicinò e ne vide il contenuto. Erano racchette da tennis. Incuriosito si fermò. Gli addetti aprirono gli scatoloni da cui uscirono tavoli da ping pong, mazze da golf, canestri da basket, reti da pallavolo e altri oggetti riconducibili a sport alternativi al calcio. Non ci voleva molto per capire che il presidente lo aveva ascoltato.
Il giovane, un ragazzo del sud emigrato con il sogno di fare il calciatore, pensò che quella casa rossonera era il massimo che potesse desiderare. Da quel momento si promise di raddoppiare il suo impegno per incoraggiare la causa del Milan, e con quei colori diventare un giocatore importante. No, quel calciatore non era Gattuso, ma la storia (sembra una parabola invece è vera), serve a parlare dell’attuale allenatore del Milan, e di quel senso di appartenenza che nel calcio sembra perduto. La scena del diverbio a San Siro tra Gattuso e Bakayoko ne è stata un chiaro esempio. Piccolo, nella misura del tempo in cui si è consumato, ma gigantesco per la volgarità dei fatti. Non è questione di torti o di ragioni, è un problema di ruoli e di identità. Qual è il ruolo di Gattuso, di un allenatore in generale, nel momento in cui lo si spoglia di qualsiasi autorità, lasciando che l’offesa resti impunita? Qual è l’identità di una società quando il risultato sportivo si antepone a quello comportamentale? Il giovane calciatore del sud che passava il tempo libero al biliardo di Milanello, si sarebbe mai sognato di rispondere con un insulto diretto e pesante a un Sacchi o a un Capello? E se anche fosse accaduto, che cosa ne sarebbe stato di lui? La risposta non è perduta nel vento come più o meno cantava il poeta Robert Allen Zimmerman, ma scritta nelle tavole del giudizio, del buon senso e dell’educazione. Le stesse qualità che il giovane del sud a Milanello ebbe modo di assorbire in fretta. Tanto da fare di lui, negli anni a venire, se non un calciatore importante, un uomo realizzato, felice e molto, molto rispettato.