Troppo acerbi i nuovi fischietti
In campo servono giudici, non confessori. L'espulsione di Paquetà in Milan-Bologna e l’esempio della Champions
È ancora acerba la nuova guardia che dovrà prendere il testimone dai grandi arbitri prossimi alla pensione. Mancano esperienza e saggezza nel leggere bene le partite. Un esempio: lunedì Rizzoli manda Di Bello a dirigere Milan-Bologna. Nonostante la tensione, l’arbitro internazionale fa quello che deve fare. Corre, comanda e non sermoneggia in campo. Poi, quasi alla fine, il fattaccio: Pulgar commette un brutto fallo su Paquetà, che si alza e reagisce, andando a muso duro verso l’avversario. L’arbitro fischia, corre verso i due, avvicina una mano al petto del milanista e lo ammonisce. Succede l’ovvio: il brasiliano sgrana gli occhi e colpisce la mano dell’arbitro che gli mostrava il giallo. Protesta sottointesa: ma come, lui fa fallo e tu ammonisci me? Paquetà – sacrosanta la sua espulsione – ha ragione: è stato l’arbitro a scaldare gli animi (nel recupero, altri due cartellini rossi). Sarebbe bastato richiamare i “contendenti”, dire loro due parole (due!) e mostrare a entrambi il giallo. Bisognerà lavorare molto su questi aspetti, che proprio sfumature non sono. Non serve essere dei mastini, ma è sufficiente mostrarsi più convinti di quel che si è (giudici inappellabili o quasi, c’è il Var) e di ciò che si fa. Lo hanno dimostrato bene gli arbitri chiamati a dirigere le semifinali di Champions League: poche chiacchiere e molto arbitraggio. Se si sceglie la strada dell’amministrazione, i risultati sono quelli che vediamo nella nostra serie A.