La Mille Miglia è più forte di ogni intemperia
Si è chiusa sotto la pioggia la "Corsa più bella del mondo", un romanzo popolare che ogni anno si ripete eppure trova sempre modo di rinnovarsi
Nomi come Giovanni Moceri, Andrea Vesco o Juan Tonconogy potrebbero dirvi poco. Sono invece grandi piloti. A differenza di Hamilton e Vettel non battagliano sulla velocità. Il loro obiettivo è essere regolari. Non devono essere troppo bruschi o eccessivamente prudenti. Sanno che un certo numero di km lo devono percorrere in un tempo prefissato oppure con una media obbligata. Questo devono fare. Accanto hanno fidati navigatori, nella fattispecie Daniele Bonetti, Andrea Guerini e Barbara Ruffini che devono dar loro ogni indicazione possibile per evitare penalità e raccogliere il maggior numero di punti. E’ la Mille Miglia, gara senza eguali al mondo che ha chiuso la sua 37ma rievocazione sabato sera a Brescia sotto un bel diluvio, seppur meno potente di quello che era stato annunciato.
Difficile contestarle il titolo di “Corsa più bella del mondo”, definizione scolpita nella pietra eterna da Enzo Ferrari in persona. Si sono sfidate delle autentiche opere d’arte su quattro ruote che hanno visto per la prima volta la strada tra il 1923 e il 1957. Per qualcuna di loro ci avviciniamo al secolo di vita. Da qualche anno chi scrive è lo speaker della manifestazione sia alla partenza che all’arrivo. Ore e ore passate a respirare polveri sottili, monossido di carbonio, ossidi di azoto e particolati assortiti sulla pedana di Viale Venezia a Brescia. Ogni auto racconta una storia, ogni equipaggio parte al mercoledì con il sorriso e ritorna al sabato con un sorriso anche più smagliante. Dopo aver percorso oltre 1800 chilometri tra due autentiche ali di folla e attraversato alcuni dei posti più belli del nostro Paese. Vengono da ogni dove per poter dire “io c’ero”. I più felici sono gli australiani e i giapponesi.
Chi viene per la prima non si capacità di quanta bellezza e storia si mescolino in questo stivale così lontano da loro ma così incredibilmente affascinante. Su quasi 450 equipaggi una larghissima maggioranza parte ed arriva solo per il gusto della scampagnata. Quando ti ricapita di poter parcheggiare la tua Bugatti del 1923 in piazza del Campo a Siena? Solo con la Mille Miglia è possibile. Rispetto agli anni scorsi tutte le procedure di partenza e arrivo si sono rallentate causa smartphone. Non c’è una vettura che non abbia tablet, go-pro, Iphone e altri strumenti di tortura puntati per documentare ogni metro di questa avventura. C’è che fa storie in diretta su Instagram, chi si fa addirittura dei selfie mentre guida e chi chiede agli organizzatori di fotografarli. Chissà cosa pensano queste vecchie signore a quattro ruote vedendo quanti si rincoglioniscono quelli che le conducono per quasi 2000 chilometri. Le vetture valgono una fortuna, sono dei gioielli che in alcuni casi, tipo l’Alfa Romeo 6C 1500 SS del 1928 di Moceri-Bonetti (i vincitori 2019), non escono mai dal museo se non per gareggiare nella Mille Miglia. Quasi nessuno ne è proprietario e forse anche per questo guidano tutti con un’attenzione particolare.
Vederli da vicino è una grande esperienza di vita. Quest’anno hanno preso freddo per un sacco di km, nell’ultima tappa pioveva a secchiate e nessuno di coloro che stava in vetture cabrio alzava il tettuccio. Figuararsi per quelle che la copertura nemmeno ce l’avevano. Occhiali da aviatore e casco, nella migliore delle ipotesi. In altre addirittura solo un cappellino. La pioggia è una degli ultimi esempi di democrazia reale, colpisce ricchi e poveri, protagonisti e spettatori. Ed allora chissenefrega se piove o fa freddo. La Mille Miglia è più forte di ogni intemperia. Il grandi boss di ACI Brescia, Aldo Bonomi, e Mille Miglia Srl, Franco Gussalli Beretta, hanno costruito una squadra perfetta. Nel nuovo consiglio di amministrazione sono entrati Maurizio Arrivabene, che non si è perso un solo minuto di gara, è stato sul palco per ore sia alla partenza che all’arrivo e ad una vettura Ferrari ha anche autografato il motore con un pennarello bianco, e Matteo Marzotto. Bresciano il cuore, lungimirante la visione. Cercare di rendere questo marchio vivo tutto l’anno.
A settembre si sono inventati la Mille Miglia green per vetture ibride, a dicembre la Coppa delle Alpi attraverso le montagne italiane, austriache, svizzere e tedesche. In passato alla corsa partecipavano, o fingevano di farlo abbandonando pochi km dopo la partenza, molti personaggi famosi. Ci confida una delle memorie storiche della corsa che all’applausometro in passato nessuno seppe far meglio di Moana Pozzi. Da qualche anno chi porta un cognome famoso la gara la fa eccome. Joe Bastianich, ad esempio, non ha mollato un metro. Emanuele Pirro, Jochen Mass, Arturo Merzario ed altri piloti del passato non hanno gareggiato per vincere ma non si sono sognati di mollare. La gente ai bordi delle strade applaude, osserva questo museo viaggiante e poco si cura di chi sia alla guida.
E’ un romanzo popolare che ogni anno si ripete eppure trova sempre modo di rinnovarsi. Per chi la organizza è un business da far crescere, gli sponsor fanno a gara per esserci, la Polizia Stradale governa il flusso dei partecipanti con un, sia pur fermo, sorriso. Quando passa l’ultimo concorrente, una Lancia Appia GTZ del 1957 guidata dal signor Thomas Sargeant, statunitense, tiri l’ultima boccata di anidride carbonica e pensi che i tuoi vestiti andranno in lavanderia come fossero stati sopra una ciminiera e che il protocollo di Kyoto per qualche giorno può aspettare. Ma e’ e sarà sempre la corsa più bella del mondo.