Da quei 29 secondi di Matteo Brighi passa anche la salvezza dell'Empoli

Domenica il centrocampista, a 38 anni, è andato a segno contro il Torino alla seconda palla toccata dopo oltre 400 partite e tredici maglie indossate in serie A

Leo Lombardi

Più veloce di un giorno da vivere da eroi alla David Bowie, ancora più rapido del quarto d'ora di celebrità che Andy Warhol concedeva ai comuni mortali almeno una volta in un'intera esistenza. A Matteo Brighi domenica sono bastati 29 secondi per ricordare a tutti di essere ancora tra noi, riemergendo con forza dalle pieghe di una memoria in cui era andato a perdersi. Anzi, qualcuno si è stupito del fatto che giocasse ancora. E allora tutti a correre a consultare internet (l'Almanacco Panini è ormai retaggio di un tempo perduto) per scoprire che era proprio lui, il Brighi entrato in campo a 38 anni e andato a segno contro il Torino alla seconda palla toccata. Il tempo di entrare nell'azione decisiva e di rifinirla, con un appoggio fortunato sul tiro deviato di Giovanni Di Lorenzo, per il 2-1 dell'Empoli, poi trasformatosi nel 4-1 finale che tiene in vita i toscani per la salvezza.

 

Fortunato sì, ma bravo a farsi trovare pronto. Come è stata la carriera intera di Brighi, uno che ha comunque attraversato la serie A mettendo in fila oltre 400 partite. Uno che ha fatto della fatica il marchio di fabbrica, e non potrebbe essere diversamente per chi nasce mediano. Brighi lo diventa a Rimini, dove lo descrivono come un talento da tenere d'occhio. La Juventus lo vorrebbe nell'estate del 1999, per aggregarlo alla Primavera e vedere se quegli elogi siano meritati. Ma il ragazzo va controcorrente e ha il coraggio di dire no. Non perché si tratti della Juventus e abbia altre squadre nel cuore, ma perché vuole prendere la maturità e non vuole allontanarsi da casa. L'appuntamento con la maglia bianconera è rimandato all'anno successivo, per la prima squadra, quando è praticamente impossibile trovare spazio in un centrocampo con Antonio Conte, Alessio Tacchinardi, Edgar Davids e Zinedine Zidane. Brighi raccoglie una manciata di presenze, poi diventa classica merce da scambio nelle operazioni di mercato. Nel 2002 va in prestito al Parma in cambio di Marco Di Vaio, due anni dopo viene ceduto definitivamente alla Roma per portare Emerson in bianconero. E nella capitale Brighi non ha il tempo di fermarsi, subito al Chievo in prestito per avere Simone Perrotta. Ci torna nel 2007, dopo aver contribuito al quarto posto del 2006 che consegna i veronesi a un'insperata qualificazione per la Champions League, complice lo sconquasso generato da Calciopoli. Qui vive le sue stagioni migliori, grazie alla fiducia di Luciano Spalletti. Quattro annate che gli fanno anche ritrovare nel 2009 la Nazionale, sette anni dopo l'esordio con Giovanni Trapattoni. Brighi è il giocatore che tutti amano allenare: uso a obbedir tacendo, come recitava il motto dei carabinieri. Uno che lavora, si sacrifica, mette il bene comune davanti a quello personale. Raccoglie soddisfazioni come una Coppa Italia e una doppietta in Champions al Cluj, passando ai saluti nel 2011 consapevole che – con la scelta di Luis Enrique per la panchina – arriva un calcio che non potrà essere suo.

 

Dopo Roma ci sono altre sei squadre, che fanno salire a tredici il numero totale delle maglie indossate. Compresa quella del Torino punito domenica, con cui aveva realizzato l'ultima rete in serie A una vita fa, il 19 gennaio 2014 in trasferta con il Sassuolo, la società dove si sarebbe trasferito una decina di giorni dopo. Un mercato invernale che ha fatto incontrare Brighi e l'Empoli nel 2018, giusto in tempo per partire alla conquista della promozione. Lui non è più giovane, ma ha il benestare di Aurelio Andreazzoli. I due avevano lavorato assieme a Roma, il tecnico sapeva perfettamente quale contributo potesse dare il centrocampista, a cominciare dagli equilibri dello spogliatoio. Per questo Brighi è rimasto ancora, per poter essere utile in serie A pur giocando pochino. Con l'Empoli cercherà la salvezza all'ultima giornata in casa di un'Inter che non ha ancora la qualificazione Champions tra le mani, dopo il disastro di Napoli. E dove ancora per poco allena Luciano Spalletti, amico di Andreazzoli e punto di riferimento per Brighi. Tre persone che si stimano, ma chiamate a 90 minuti da vivere senza risparmiarsi colpi dolorosi.

Di più su questi argomenti: