Nanni Balestrini e il suo grande romanzo ultras
Lo scrittore ha scritto l’unico importante romanzo italiano sugli ultras. Un grande, grandissimo romanzo, da tutti i punti di vista
"Lì nella curva siamo 17.000 tutti iscritti alle Brigate Rossonere però la gente che seguono tutte le trasferte non sono più di un migliaio 1.500 al massimo e sono quelli che ti danno la gioia di vivere qualcosa che vada oltre il Milan perché lì cazzo ci sono dei momenti in cui vivi delle cose che il Milan lo dimentichi lì tu rischi il massacro rischi di andare in galera rischi di tutto e in quei momenti al Milan non ci stai pensando proprio per niente tu in quel momento sei coi tuoi amici il tuo gruppo sei un cosa collettiva e per questo motivo tu conti nella testa dei ragazzini questa cosa la capisci da tutti i ragazzini che c’hai sempre dietro contenti di essere lì con le pietre in tasca quando succedono le cose allora tu ti giri un momento e c’hai duecento ragazzini dietro perché lo sanno che tu sei quello che va a fare le cose i ragazzini lo sanno”.
Di Nanni Balestrini, morto il 20 maggio a 83 anni, parleranno sicuramente in molti, e in modo molto autorevole, sia per il suo lavoro artistico e intellettuale (saggista, romanziere, poeta, eccetera), sia per la sua attività politica, ammesso che i due aspetti si possano distinguere.
Non vorrei però che, tra neoavanguardie e sperimentalismi, ci si dimenticasse che Balestrini ha scritto l’unico importante romanzo italiano sugli ultras, e ci si dimenticasse di sottolineare che I furiosi (1° edizione Bompiani 1994) è un grande, grandissimo romanzo, da tutti i punti di vista. Travolgente, per la qualità stilistica e narrativa, e straordinariamente centrato per la ricostruzione delle dinamiche individuali e di gruppo degli ultras di quegli anni.
“Chi c’era sa”, come dicono gli ultras, e chi c’era sa che Balestrini ci prende in pieno, nel raccontare quel mondo, quel periodo, quelle persone. Senza retorica, senza compiacimento intellettuale, senza giudizi. Balestrini precipita il lettore in un vorticoso, coerente, credibilissimo viaggio all’interno di quella “dimensione ultras” che le istituzioni italiane hanno sempre cercato di cancellare senza mai preoccuparsi di conoscerla.
Infatti oggi, un quarto di secolo dopo, I furiosi si impone anche come prezioso documento storico, e come la solita occasione mancata da tutti: bastava leggerle davvero, le “avventure” dei ragazzi delle Brigate Rossonere milaniste raccontate da Balestrini (siamo nei primissimi anni Novanta), e non limitarsi ad ammirare la mancanza di punteggiatura, per trovarci lo sfilacciamento politico e morale, la violenza gratuita e autolesionista, l’incoscienza collettiva, la droga come se piovesse, la disgregazione dei gruppi, le trasferte folli, la mistica delle lame, l’impreparazione delle istituzioni e l’astio montante contro le forze dell’ordine: insomma tutti quei fattori che, nel volgere di pochi anni, avrebbero portato a non poche tragedie. Del resto, si sa, a questo servono gli intellettuali: a farsi ascoltare quando è tardi.