Indianapolis e Montecarlo, molto forti incredibilmente vicine
Si corrono la gara più veloce e quella più lenta. Storia di due corse epiche
Montecarlo e Indianapolis. La corsa più lenta e la corsa più veloce. Tutto in un giorno. Dal Principato di Monaco all’Indiana per scoprire due mondi che sono l’Alfa e l’Omega, Baglioni e gli Iron Maiden, Belen e la Madonna (non quella che canta), Salvini e Di Maio… Il Gran Premio di Monaco e la Indy 500 sono due modi opposti di intendere la vita. Il glamour e l’alta società da una parte, i garage e la working class dall’altra. Il Principato di Monaco e lo stato dell’Indiana famoso per l’agricoltura, i canestri universitari e ovviamente lo Speedway, con Indianapolis che cerca di darsi un tono riempiendo di gallerie d’arte le sue vie centrali. Le magnum di champagne e la bottiglia di latte. A Indianapolis il vincitore beve latte ghiacciato dal 1936 quando Louis Meyer fu fotografato con la sua bella bottiglia bianca. Seguiva la raccomandazione della mamma, che in giornate calde gli suggeriva sempre di bere del latte fresco. Lo aveva già fatto due anni prima, quando aveva vinto la 500 miglia per la prima volta. Ma nessuno lo aveva fotografato. La foto del 1936 invece risvegliò l’animo commerciale dei produttori dell’Indiana che non persero l’occasione. Da allora il latte è sponsorizzato e la cerimonia organizzatissima.
A Montecarlo si alzano magnum di Carbon, l’ultimo arrivato tra gli champagne da Gran Premio. A Indianapolis si va di latte. Anche nei dettagli le differenze sono totali. A Indianapolis contano i mattoncini di porfido (3,2 milioni) a Montecarlo i bulloni con cui serrano i guardrail, operazione che scatta sei settimane prima della gara. A Montecarlo tutto è esagerato, spesso anche in modo pacchiano, tranne la velocità. L’anno scorso Daniel Ricciardo portò la Red Bull in pole alla media di 169,654 chilometri orari, il giro record di Indianapolis è ancora quello stabilito da Arie Luyendyk nel 1996 a 385,052 orari. Più del doppio.
Capita la differenza tra i due mondi? A Montecarlo devi evitare i guardrail che ti guidano come in una pista di bob lungo i 3.337 metri del tracciato. A Indianapolis devi stare lontano dai muretti che ti vedi venire addosso a oltre 350 orari per più di 200 giri di fila. A Montecarlo acceleri, freni (11 volte) e all’uscita del tunnel passi da 297 a 89 chilometri orari in 2”5. Senti lo stomaco sotto sopra. Non hai tempo per pensarci perché poi ti devi tuffare verso la curva del Tabaccaio, le Piscine, il tornantino de La Rascasse e poi ricominciare a spingere raggiungendo quasi i 300 all’ora arrivando verso St.Devote dopo il traguardo. È l’unico tracciato al mondo che la gente può percorrere tutti i giorni per andare a comprare una baguette (di pane o di diamanti) stando però attenta ai limiti. A Montecarlo hai gli yacht ormeggiati attorno alla pista, a Indianapolis i barbecue che grigliano bistecche. A Montecarlo signorine in costume che prendono il sole con vista sulla pista. A Indianapolis poco ci manca che non ci sia una mucca affacciata all’ovale… A Montecarlo il vincitore bacia la Principessa di turno (da Grace a Charlène, passando per Carolina e Stèphanie) a Indianapolis i mattoncini di porfido sulla linea di arrivo.
Eppure alla fine gli opposti si attraggono. Irresistibilmente. Perché per domare Montecarlo e Indianapolis alla fine serve la stessa dote: avere gli attributi, oltre che una macchina a posto. Non sei normale se viaggi al massimo tra i guardrail del Monte come non lo sei se sfidi la forza centrifuga sull’ovale di Indy. Sono gare da emozioni forti. Gare in cui in decimo di secondo di dimostrazione ti può portare verso la catastrofe. A Indy rischi di farti male davvero, a Montecarlo da quando Alberto Ascari finì in acqua con la sua Lancia, molto meno… anche se finire contro il guardrail può fare molto più male all’orgoglio. È capitato ai migliori. A Senna, Schumacher fino allo schianto del giovane Verstappen lo scorso anno. Ayrton che di Montecarlo è il re assoluto, con 6 vittorie, buttò via la gara del 1988 finendo contro il guardrail alla curva del Portier. Uscì dalla McLaren e se ne andò subito a chiudersi nel suo appartamento con vista sulla spiaggia di Larvotto a pochi metri da quella curva. Ci rimase chiuso per giorni. Non si era fatto male, ma gli faceva male davvero aver buttato così un trionfo. A Indianapolis nessuno è andato oltre le quattro vittorie. C’è l’hanno fatta in tre: A.J. Foyt, Al Unser Sr, Rick Mears. Nomi mitici per lo sport americano, molto meno qui da noi in Europa. In 5 hanno vinto il Mondiale di Formula 1 e la 500 miglia: Jacques Villeneuve, Emerson Fittipaldi, Mario Andretti, Jim Clark e Graham Hill, l’unico in 103 anni di storia dell’ovale e in 90 del Gp di Monaco ad aver vinto in tutti e due i mondi. “Sono un artista, la pista è la mia tela, la mia auto il mio pennello”, diceva dai suoi baffoni il papà di Damon. A Monaco solo Senna ha superato il suo record di 5 vittorie. Ma nessuno ha vinto come lui sulle tre piste del mito: Montecarlo, Indianapolis e Le Mans. L’unico a poter indossare la Triplice Corona, la Triple Crown (allargata, ma ancora senza vincitori anche a chi vince Mondiale di F1, 500 miglia e 24 ore). Perché i due mondi sono uno all’opposto dell’altro, ma il sogno di guida da dio è quello di unirli con una vittoria. “Gentlemen start your engine”.