(Foto LaPresse)

L'ultima chance per la Ferrari

Fabio Tavelli

Il Cavallino si gioca gran parte della stagione nel Gp di Montreal, e non può sbagliare

Non siamo a Ruiz contro Joshua ma quasi. La Ferrari non ha la panza del neo campione del mondo dei massimi ma certamente non ha molti più scommettitori di quanti fossero disposti a pensare che il moro con la tartaruga dalla parte giusta andasse al tappeto contro quello che ce l’aveva nascosta sotto i lombi. La Ferrari a Montreal si gioca gran parte della stagione, inutile andarci troppo prudenti. Andasse bene, e per bene si ragiona su due terzi del podio con divieto assoluto di God Save The Queen quando salteranno i tappi, altrimenti siamo daccapo, sarebbe legittimo intonare le litanie dell’inversione di tendenza, della remuntada e dell’adesso-gliela-facciamo-vedere-noi.

 

Diversamente il Gp nella terra di Gilles&Jacques andrebbe ad allungare la sestina che condanna a un altro anno di dominio dei grigi senza se e senza ma. Piano però a dire che il circuito intitolato al pilota di maggior fascino pur senza un’iride sia un feudo sicuro per i rossi della bassa. D’accordo, dodici mesi fa Vettel fece doppietta (pole e vittoria). Ma prima del 2018 per ritrovare un cavallino vincente tocca mettere la retro fino al 2004 (Schumi padre). Il Moro pentacampione vinse nel 15/16/17 e in totale ha stretto la mano dall’alto ai notabili canadesi per sei volte. Come sei sono le vittorie che la Mercedes ha messo come dardi infuocati nel bersaglio delle classifiche piloti e costruttori di questo primo terzo di stagione. Si dice che a Montreal ci siano le condizioni ideali per la Ferrari, addirittura una simulazione le attribuisce sette decimi di guadagno quando la strada è tutta dritta. E quindi ben vengano i rettilinei lunghi dove poter mettere a terra la maggior potenza e curve tutte simili nelle quali il progetto di Bi&Notto (team principal e direttore tecnico) non vada troppo in conflitto con le temperature delle gomme.

 

Bene, benissimo. Ma non basterà. Semplicemente perché l’equazione per funzionare ha bisogno che gli strateghi siano in luna buona, non quella di Montecarlo con Leclerc, e i piloti perfetti. Vettel ha 55 punti di distacco da Hamilton. Per agganciarlo dovrebbe prendergli 3,6 punti a ogni calata di bandiera a scacchi da qui ad Abu Dhabi. Appunto, Ruiz contro Joshua. Poi magari accade che Bottas gli dia indirettamente una mano e che al ricciolino qualcosa ogni tanto possa andare storto. Tipo la ruotata che gli ha tirato Verstappen maturato nell’ultimo Gp che non gli ha fatto nemmeno un danno da constatazione amichevole o il regalo del Bahrain gentilmente offerto da madame affidabilità rossa. Altrimenti, come da immortale Beppe Viola, la Ferrari 2019 sarà quel pugile che dopo aver preso un sacco di botte chiese, tra un round e l’altro, come stesse andando. “Se lo ammazzi fai pari”, fu il definitivo incoraggiamento che ricevette dal suo allenatore.

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