Il 4-4-3 a Pescara riparte da Luciano Zauri
L'ex difensore di Atalanta e Lazio ha saputo guidare la Primavera alla vittoria nel campionato, con relativa promozione, sotto il segno del modulo che ha fatto la storia dei biancazzurri
Una città all'insegna del 4-3-3: questa è Pescara. Non si scappa da tale sistema di gioco da quando lo impose Giovanni Galeone nella seconda metà degli anni Ottanta, imprimendo alla squadra abruzzese un marchio di spettacolo coniugato ai risultati. Tutti i suoi successori hanno dovuto confrontarsi con questa eredità e medesimo compito toccherà a Luciano Zauri, scelto (a sorpresa) come allenatore per la prossima stagione. Sorpresa relativa per chi vive tra Pescara e dintorni. Zauri ha saputo guidare la Primavera alla vittoria nel campionato, con relativa promozione, sotto il segno del 4-3-3, per l'appunto. C'è riuscito con una idea di gioco fatta di “coraggio, di pallone che non scotta tra i piedi, di una squadra padrona del gioco” e tirando fuori anche alcuni profili interessanti che, con tutta probabilità, vedremo in prima squadra nella prossima stagione.
In società non hanno avuto dubbi al momento di sostituire Giuseppe Pillon, rinnovando il coraggio di lanciare un altro tecnico dal settore giovanile in prima squadra. Era successo nel gennaio 2010, con Eusebio Di Francesco andato a sostituire Antonello Cuccureddu a gennaio. Risultato? Promozione in serie B. Era successo nel maggio 2016, con Massimo Oddo messo in panchina al posto di Marco Baroni all'ultima giornata di campionato. Risultato? Finale playoff persa con il Bologna e promozione in A l'anno successivo. Una componente scaramantica ma anche un scelta dettata dai tempi. Zauri, 41 anni, viene considerato un allenatore capace di parlare ai giovani, sul campo e sui social. E il Pescara vuole ripartire con un progetto legato ai giovani.
Come giovanissimo era Zauri quando ha lasciato Pescina, il paese in provincia dell'Aquila dove è nato, per entrare nel vivaio dell'Atalanta ad appena dodici anni. Da lì è partita una carriera di alto livello, con una maglia di ogni nazionale indossata, tanto nerazzurro, tanta Lazio e chiusura a Pescara nel 2013-14, prima e ultima stagione nella squadra della sua terra. A Roma vince la Coppa Italia 2004 e passa alla storia per il pallone respinto sulla linea con la mano il 22 maggio 2005 su tiro di Jorgensen, senza che la terna arbitrale se ne accorgesse: in quella giornata, la penultima, Lazio e Fiorentina si giocano la salvezza (che poi arriverà per entrambe). Finisce 1-1 tra le polemiche.
Un episodio che, con il Var, sarebbe stato risolto in pochi attimi – rigore ed espulsione – e l'aspetto più divertente della vicenda è rappresentato proprio dall'arbitro protagonista della svista: quel Roberto Rosetti che anni dopo sarebbe diventato l'uomo incaricato di gestire in Italia l'introduzione della videoassistenza per i direttori di gara.
Sull'episodio Zauri è tornato senza problemi ogni volta che gli è stato citato, soprattutto quando proprio la Fiorentina lo tessera nel 2008: “Non ne vado fiero, ma non si può cancellare. Chi ha giocato a calcio sa che in quei momenti non hai tempo e lucidità per ragionare, ma è stato un peso per me”. Un peso lontano quattordici anni, che il tecnico del Pescara ha metabolizzato con la forza tranquilla che lo ha sempre contraddistinto sul campo. Un giocatore silenzioso e, soprattutto, utile, di quelli di cui ti accorgevi soltanto quando mancavano. Uno che ora promette di dire cose interessante dalla panchina, la prima importante della sua vita.
Il Foglio sportivo - In corpore sano