Il volo di Eddy. Il romanzo sul Tour de France 2019 / 11
Ewan e la rivincita dei piccoletti: vince a Tolosa l'undicesima tappa del Tour
Il velocista australiano batte al fotofinish Groenewegen prendendosi così la rivincita della 7a tappa. Terzo Viviani. Ciccone perde 12 minuti, Alaphilippe sempre in maglia gialla
Quest'anno su Girodiruota il Tour de France sarà solo una parte di un racconto più grande: un romanzo in 21 puntate, una storia che parla di ciclismo, ma anche di altro. A seguire l'undicesima puntata (oltre il prologo) del feuilleton della Grande Boucle, quello che parte da una camera calda e va in un altrove francese, ciclistico, giallo come il Tour de France 2019. [qui trovate tutte le puntate]
L'arrivo della undicesima tappa del Tour de France 2019
È stato Caleb Ewan a vincere la undicesima tappa del Tour de France 2019, la Albi-Toulouse, 167 km. In una volata caotica e velocissima l'australiano della Lotto-Soudal ha battuto al fotofinish Dylan Groenewegen. Terzo è arrivato Elia Viviani. Giulio Ciccone ha perso a causa di una caduta. Julian Alaphilippe è ancora in maglia gialla.
[leggi la puntata precedente] Si bloccò due passi dopo aver varcato la porta della cameretta. Il suo sguardo miope cercava di focalizzare la novità che aveva davanti. Un pezzo di carta alto un metro e mezzo e largo uno troneggiava dietro la televisione, quasi fosse una sfida, un invito alla battaglia, una dichiarazione di intenti. Gli venne in mente la stanza di quel pirla di suo figlio tutta tappezzata di capelloni e gente che prendeva a calci un pallone. Ci fosse stato un Bitossi, un Gimondi o anche solo quel diavolo d’un Merckx l’avrebbe pure capito. Ma Bettega e Anastasi... gli veniva ancora da bestemmiare. Proprio a lui un figlio calciofilo... più di una volta pensò di aver sbagliato tutto con lui. Niente negli anni a venire lo convinse del contrario.
“E quello cos’è?”, chiese nonno Ottavio al ragazzino con un’aria tra il disinteressato e l’annoiato.
“Il poster del nuovo acquisto della Virtus, si chiama Milos Teodosic. È forte, giocava in America”.
“E come è finito lì appeso?”.
“Me l’ha portato un mio amico, Silver”.
“Che nome è Silver? Ma i nomi normali ormai sono finiti? Tra un po’ chiameranno i bambini Shimano e le bambine Fiat”.
“Ma no nonno, mica è il suo nome! Lo chiamano così, lui ha un nome normale”. Il vecchio non ritenne di approfondire l’argomento, appoggiò le chiappe sulla sedia da regista, prese il telecomando e mise sulla tappa.
Le immagini iniziarono a scorrere sullo schermo. Quattro uomini pedalavano soli e liberi dal caos di manubri e spalle e caschetti affiancati e accodati a riempire strade che nonostante il sole, il giorno, l’ora e la distanza dall’arrivo erano gremite da un numero imprecisato di persone.
“Ma tutta questa gente non lavora?”, chiese Eddy con quel tono da precisino che aveva ereditato dalla madre.
Nonno Ottavio sbuffò per la domanda, come fosse palese che quando passa il Giro o il Tour tutto il resto debba per forza passare in secondo piano. “Certo che lavorano, ma stanno passando i corridori. Per questo esistono i permessi, le ferie e quant’altro. Ci sono cose più importanti che passare tutta la vita seduti davanti a una scrivania”. Eddy trovò la cosa saggia. Nemmeno lui avrebbe voluto passare una vita davanti a una scrivania. Sai che palle pensò immaginandosi che il lavoro non fosse altro che come l’estate che stava passando bloccato su di un letto senza potere uscire di casa. Fortuna c’era il nonno che gli teneva compagnia e gli riempiva i pomeriggi. Anche se c’erano sempre le biciclette in televisione. Non se l’era mai filato il ciclismo, però doveva ammettere che non era affatto male e che, a suo modo, iniziava un po’ a piacergli.
Mentre pensava a tutto questo scoppiò in una risata fragorosa. E quando, con la coda dell’occhio, cercò il vecchio vide che pure lui se la sghignazzava. I corridori avevano appena preso i sacchetti del rifornimento e si stavano liberando delle borracce a bordo strada. E lì, come bambini, c’erano diversi uomini e ragazzi che saltavano per prenderle al volo. In molti finirono nel fosso, uno addirittura a gambe all’aria. “Fortuna che è secco”, sibilò divertito nonno Ottavio. “Però fa sempre ridere vedere la gente cadere”, fece maligno Eddy, prima di chiedere al nonno perché tutti si dannassero tanto per una borraccia. “Perché è il regalo che tutte le corse fanno ai tifosi. Quando la riesci a prendere è come se ti portassi a casa un pezzo di Tour. E poi la puoi usare quando esci in bici”.
“Ma che schifo”.
“Ovviamente la lavi. La metti in lavastoviglie ed è come nuova. Pensa che conosco un tale che ha iniziato a collezionarle dall’inizio degli anni Ottanta. Ne aveva prese talmente tante che aveva riempito un intero armadio come quello di tua madre. Un giorno sua moglie, dopo che lo aveva fatta dannare per chissà cosa, gli ha detto che o si sbarazzava di loro oppure lei se ne andava di casa. Lui le prese tutte, affittò un garage senza dirlo alla moglie e ci fece un museo”.
“E la gente ci va?”.
“Qualcuno sì”.
“E tu ne hai di borracce?”.
“Solo due, le altre lo ho regalate. Però mi tengo quella in alluminio che ho fregato a Gimondi e quella della Ariostea perché è la mia squadra preferita di sempre. Pensa che c’è una decina di giovanotti che ancora usano il nome Ariostea per la loro squadra di scommettitori di ciclismo. Ma certamente tu non sai cos’è”.
“Sì invece. È quella del cappellino di Stranger Things”.
“Strenger che?”.
“Stranger Things. È una serie su Netflix. Un sito dove si guardano le serie. Tu le guardi le serie?”.
“Ai tempi miei si chiamavano telenovela e le guardavano le signorine”. Eddy fece una faccia strana, quella di chi si accorge di parlare con un dinosauro.
Tra una caduta e l’altra, tra un Niki Terpstra che lascia sull’asfalto occitano la possibilità di riprovare la fuga e un Giulio Ciccone che evita le botte ma prende minuti e minuti in saccoccia, i corridori si presentavano compatti e famelici verso Tolosa. Un turbine di ruote e di figure che si affacciavano veloci davanti a tutti e dalla testa del gruppo venivano respinte dal vento e dalla velocità. Sul traguardo Eddy e nonno Ottavio videro andare in scena il solito finale: due biciclette appaiate e due uomini che le lanciavano con un colpo di reni oltre al traguardo. Ma al contrario di Chalon-sur-Saône questa volta Dylan Groenewegen veniva battuto da Caleb Ewan. “Ogni tanto va a finire così: il nanetto batte lo spilungone”.
[continua...]