Dal calcio alla galera. E poi il ritorno. La storia di Ismail H'Maidat
Sul giovane talento le aspettative erano molte. Poi sono arrivati i fallimenti, fino all'arresto per rapina. Era innocente e allora viene liberato dopo 10 mesi passati in cella. Ora ha una nuova chance al Como
Un nuovo inizio per due. Per il Como, tornato tra i professionisti dopo un rovinoso fallimento e due anni di serie D. Per Ismail H'Maidat, recuperato al calcio dopo aver perso anche la libertà personale. Ancora pochi mesi fa si trovava in un carcere belga, dal 25 luglio ha firmato un contratto che lo ripropone all'attenzione di chi lo aveva accolto come un talento. Magari di complicata gestione, ma comunque su cui scommettere. Lo aveva fatto per primo Andrea Iaconi, il direttore sportivo che lo porta a costo zero nel 2014 a Brescia. H'Maidat ha 19 anni e tantissimi club alle spalle. Ne cambia uno all'anno, si ritrova anche in Inghilterra (al Crystal Palace) ma nessuno lo tiene per più di qualche mese. Colpa della fama di ingestibile che lo accompagna da quando ha appena dodici anni e da quando il Twente decide di non tenerlo, dopo averlo preso dallo Sport Enschede, l'altra squadra della città in cui Ismail è nato da genitori emigrati in Olanda dal Marocco. Lui appare fatto per il calcio, uno di quei giocatori che fanno innamorare per piede (sinistro) e tecnica (il numero 10 gli calza a pennello). C'è però un atteggiamento ribelle di fondo, poco incline alla disciplina. Quello che convince il Twente a lasciarlo andare (“Ho commesso degli errori, ma avevo dodici anni”, racconterà) in un pellegrinaggio personale che, dall'Anderlecht Under 19, lo conduce in Italia.
L'impatto per H'Maidat è devastante, in senso positivo. I tre minuti all'ultima giornata della stagione 2013-14 si trasformano in una maglia da titolare nell'annata successiva: inamovibile nel Brescia da ottobre, a soli 19 anni. Prestazioni sempre di alto profilo, un gol da ricordare al Bologna e la procura nelle mani di un big come Mino Raiola, che dirotta il suo assistito alla Roma nel gennaio 2015, per un'operazione da tre milioni complessivi. Il marocchino ha il mondo ai suoi piedi, un mondo che si frantuma quando scopre che in giallorosso non ha spazio, né nell'immediato né in futuro. A Trigoria lo vedono solo per la firma, seguita da due prestiti disastrosi tra Ascoli e Vicenza. In una stagione e mezza non disputa una sola partita, tranne un quarto d'ora per il debutto con la Nazionale. In Veneto i suoi atteggiamenti sono mal digeriti dallo spogliatoio, che presto lo isola, con restituzione alla Roma e passaggio invernale al Portogallo, all'Olhanense: otto partite, che diventano tre (ma per un totale di una decina di minuti) nel 2017 in Belgio, al Westerlo. Dove tocca il fondo, non soltanto professionalmente.
Il 13 marzo 2018 viene diffusa la notizia del suo arresto, avvenuta un mese prima. La polizia lo ritiene responsabile di aver preso parte a cinque rapine a mano armata tra il Belgio e la vicina Lille, in Francia, a cavallo tra dicembre e gennaio: due agenzie di scommesse, un supermercato, un casinò e una stazione di servizio. Poche migliaia di euro, ma sufficienti per scatenare articolesse sul talento bruciato. Lo accusano celle telefoniche e video di sorveglianza, che danno presente lui o la sua auto nei luoghi dei colpi. Si aggiungono un cappotto e un paio di scarpe trovate in casa del giocatore e compatibili con quelle dei rapinatori. Inutilmente H'Maidat si proclama innocente, inutilmente il suo legale chiede prove più concrete, come testimonianze dirette o tracce di dna. A inizio ottobre la condanna a 46 mesi di reclusione, di cui almeno 26 da scontare prima della libertà vigilata, dal Tribunale correzionale di Turnhout. Gli inquirenti non credono neanche alle parole di un altro imputato, che si accusa di quattro rapine su cinque: non fa i nomi dei complici ma scagiona il marocchino (“Lui non c'era”). Le indagini continuano fino a quando non ci si deve arrendere all'evidenza. H'Maidat non c'entra nulla ma intanto ha trascorso dieci mesi in carcere e il calcio sembra un ricordo, a cominciare dal contratto con la Roma ormai rescisso. Una ripartenza che si presenta impossibile fino alla scommessa del Como, che gli propone un periodo di prova. Tra dedizione personale e prove sul campo, il praticantato si trasforma in un contratto annuale con opzione: “Un accordo - come dice il direttore sportivo Carlalberto Ludi - che nasce da una fiducia reciproca e dalla volontà di costruire un percorso costruttivo insieme”. E per offrire una seconda possibilità, merce rara nel calcio.