Italia, non farti schiacciare
Inizia in Cina il Mondiale di basket. Se lo giocano Stati Uniti, Serbia, Spagna e Francia. Profilo basso per gli Azzurri: si punta al torneo preolimpico. Parlano quattro ex ct medagliati
L’Italia del basket ha un sogno a cinque cerchi chiamato Olimpiade. Ma arrivare a Tokyo 2020 direttamente dalla Cina, dove oggi a Foshan scatta un maxi Mondiale a 32 squadre, è più difficile che raggiungere Santa Caterina Valfurva da Bormio dopo che la frana ha interrotto la strada statale. Bisogna arrivarci scalando il Gavia, ovvero qualificarci per il preolimpico della prossima estate. Azzurra che esordisce oggi con le Filippine è tenera come quel tonno che tagli con un grissino. Arriva al Mondiale da sei sconfitte di fila, ma ci arriva dopo essere sopravvissuta alla sfortuna che ha mandato in sala operatoria Datome, Melli e Gallinari, ricoverato addirittura d’urgenza per colpa di un’appendicite all’inizio di agosto. Solo Melli, fresca scelta Nba, non sarà della partita, e la mancanza di centimetri e qualità si farà sentire.
Il presidente della Fip, Gianni Petrucci, che quando era numero uno del Coni si mise al collo l’argento di Atene, ultima medaglia dei nostri giganti, assicura che dal Mondiale tornerà contento se avremo conquistato il pass per giocare il torneo preolimpico. Ai Giochi andranno direttamente le prime due europee del Mondiale (“E allora sarei molto soddisfatto”, sottolinea Petrucci), per entrare al preolimpico senza wild card bisognerà invece piazzarsi tra le prime 16 (ovvero passare il primo turno).
Il rientro in extremis di Datome e Gallinari ha tolto un po’ di tenerezza al tonno di cui sopra, ma non è bastato a trasformare del tutto la squadra nella mina vagante che un po’ tutti sognavamo.
Gamba, Messina, Tanjevic e Recalcati non sono ottimisti:
la speranza è Meo Sacchetti, l’allenatore
Il ranking Fiba ci piazza al 13° posto. Adesso abbiamo il profilo della vittima designata, soprattutto se leggiamo le percentuali al tiro delle ultime sei partite premondiali giocate contro Serbia (2 volte), Turchia, Grecia, Francia e Nuova Zelanda: 119 su 253 (47,04 per cento) da due e 32 su 146 (21,92 per cento) da tre. Qualche progresso si era visto con il ritorno in campo di Gallinari e Datome (con Gigione ancora indietro purtroppo), ma poi con la Nuova Zelanda, ultimo test, sono riemersi dubbi, tentennamenti e la sensazione che con le indispensabili rotazioni si perda troppa qualità.
La prima fase ci oppone Filippine (oggi, sabato, alle 13.30 in diretta su Sky), Angola (2 settembre) e la Serbia (4 settembre) del gigante di Dallas Boban Marjanovic (222 cm). La formula prevede la qualificazione per le prime due del girone. Il mancato passaggio del turno costringerebbe la spedizione azzurra a chiedere asilo politico in Cina… Il bello verrà dopo, quando il cammino continuerebbe in un gironcino con le prime due del Girone C oltre alla vincente del nostro, una prospettiva che dovrebbe metterci faccia a faccia con la Spagna, nazione con un serbatoio di talento ben più rifornito e un tecnico che conosciamo bene come Sergio Scariolo, campione Nba (da vice allenatore) con Toronto.
Illustrazione di Valeria Scaloni (tutti i diritti riservati)
Per leggere il futuro nelle mani dei nostri giganti abbiamo chiesto aiuto a quattro ex ct che con le medaglie pregiate hanno una certa confidenza: Sandro Gamba, Ettore Messina, Bogdan Tanjević e Charlie Recalcati. Applauso, please. Sandro Gamba ha in bacheca un argento olimpico (1980), un oro (1983), un argento (1991) e un bronzo (1985) europei; Ettore Messina è stato il ct di un argento europeo (1997); Boscia Tanjević è stato l’ultimo a qualificarci per i Giochi con la straordinaria marcia verso l’oro europeo di Parigi vent’anni fa; Charlie Recalcati ha portato a casa le ultime medaglie, bronzo europeo (2003) e argento olimpico ad Atene (2004).
Sono i tecnici delle ultime medaglie azzurre. Grandi allenatori, grandi uomini. Due, Gamba e Recalcati, anche grandi giocatori. Sandro Gamba di Olimpiadi ne ha disputate quattro. Due da giocatore e due da allenatore. Sa bene che cosa significhi il richiamo dei cinque cerchi: “Alle Olimpiadi ci vogliono andare tutti… Anche ingessati o senza un braccio, tutti vorranno esserci. Perché è sempre così, l’Olimpiade ha un richiamo unico per noi, ma anche per le altre Nazionali. L’Olimpiade è per il basket quello che il Mondiale è per il calcio. Quando ti senti nel sangue che l’Olimpiade è vicina, non dormi neppure di notte”. La strada però è lunga, tortuosa, piena di insidie. Il Mondiale, primo ostacolo verso Tokyo, non parte tra i migliori auspici: “L’Italia ha avuto un premondiale condizionato dal forfait di Melli e dalle condizioni di Datome e Gallinari, è difficile fare delle previsioni anche se la seconda partita con la Serbia e quella con la Francia hanno dato segnali confortanti – racconta Ettore Messina, oggi uomo guida della nuova Olimpia by Armani – Arriviamo al Mondiale con qualche dubbio, ma il girone iniziale è certamente alla nostra portata per passare tra le prime due, però l’obbiettivo minimo che mi sembra giusto porsi è quello di arrivare al preolimpico. Se battiamo chi possiamo battere, cosa che poi non è mai così facile storicamente quando si va in campo, arriveremo al preolimpico per giocarci le nostre carte la prossima estate. Se però cominciamo bene e poi arriviamo rilassati alla sfida con la Spagna, potrebbe anche scapparci un buon risultato”.
“Questa è un’Italia che mi ricorda quella del calcio del 1982 – aggiunge Boscia Tanjević – nessuno ci credeva e poi avete visto dove è arrivata. La stessa cosa che è successa con me vent’anni fa in Francia. Dopo le prime partite ho dovuto quasi prendere a schiaffi due giornalisti… Ma eravamo un gruppo fondato sul cemento. Una squadra che ancora oggi è unita. Non abbiamo i centimetri di tanti avversari è vero, ma se tiriamo bene, se ritroviamo buone percentuali, attiriamo i lunghi avversari lontano dall’area e gli tiriamo in faccia”. Il solito Tanjević. Un uomo che ha saputo costruire squadre in ogni sua avventura. “La mia ricetta era di creare un rapporto, un legame che io chiamo ideologico con i giocatori. Ho sempre fatto così in ogni squadra e la migliore conferma che la cosa funziona ci arriva dalla Nba con Gregg Popovich. Tu crei un sistema e tutti i nuovi che arrivano entrano in un sistema già rodato. Io ho sempre fatto così non solo nei club, ma anche nelle quattro Nazionali che ho guidato. La mia Nazionale del 1999 ha continuato a dare risultati fino al 2004. I miei erano legati come cemento…”.
Charlie Recalcati, che di Tanjević raccolse l’eredità azzurra trasformandola in un argento olimpico, richiama alla realtà. Concreto come quando era lui a fare canestro: “Mi sembra che quest’Italia sia in linea con le mie aspettative. Io non sono tra quelli che parlavamo di squadra all’altezza delle più forti in Europa perché purtroppo rispetto alle Nazionali più importanti noi abbiamo delle punte a livello dei migliori delle altre, però abbiamo mediamente poca qualità rispetto a Nazionali che hanno la possibilità di sopperire ad assenze pesanti. Noi sentiamo l’assenza di Melli, ci sono squadre che, come la Spagna, perso un Melli ne trovano tre, quattro dello stesso livello… Ormai sono anni che ci mancano tanti giocatori di qualità e spesso ce ne dimentichiamo, facciamo finta di non accorgerci che il nostro movimento ha dei limiti”.
Siamo realisti: questa è una Nazionale composta da una generazione di giocatori che si sta esaurendo
“Siamo una squadra atipica – aggiunge Ettore Messina – ma con Gallinari e Datome in forma possiamo mettere in difficoltà squadre molto più grosse come abbiamo visto contro la Francia e la Serbia. Abbiamo un’atipicità, un quintetto di gente tutta attorno ai due metri che in difesa ci permette di cambiare sempre su blocchi e pick and roll: questo può diventare fastidioso per la squadra avversaria sia in attacco che in difesa. Contro la Francia con Gallinari finto 5, loro si sono dovuti mettere a zona e se non sbagliavamo un paio di possessi di troppo…”. “Questo Mondiale è un passaggio per arrivare al preolimpico – conferma Recalcati – Dobbiamo essere realistici, questa è una Nazionale composta da una generazione di giocatori che si sta esaurendo… sono tutti giocatori dalla carriera ormai molto lunga che stanno arrivando ai trent’anni. È una generazione che rischia di non vincere, ma non dobbiamo dimenticare che se noi abbiamo due, tre, quattro giocatori da Nba, ci sono Nazionali che ne hanno sei, sette, otto. Non può essere sufficiente avere tre giocatori da Nba per dire di essere una grande squadra. Dobbiamo essere realisti. Qualche passo avanti nelle ultime partite lo abbiamo fatto”.
“Sarà un Mondiale difficile – ammette anche Sandro Gamba – perché siamo stati costretti dagli infortuni a mettere insieme la squadra in pochi giorni. Il compito di Sacchetti, un uomo che stimo molto perché già quando era mio giocatore aveva un grande cervello, non è facile. Adesso hanno tutti paura di fallire, ma se le prime partite andranno bene, poi la situazione potrebbe cambiare. Le prime partite ci faranno capire che viaggio potremo fare. Finora i nostri uomini della Nba per una ragione o per l’altra non hanno mai dato un apporto decisivo alla Nazionale. Hanno la grande occasione di dare tutto per andare in fondo anche perché per questa generazione è il periodo buono, sono attorno ai trent’anni, sono esperti e ancora pieni di energia. E in tornei di qualificazione l’esperienza può essere molto più importante della tecnica”.
I quattro saggi del basket non riescono a essere ottimisti. Preferiscono restare con i piedi per terra. Essere realisti. Ne hanno viste troppe per farsi prendere la mano da un momento che sembra più critico di quanto ci attendessimo nei giorni di inizio raduno. Su una certezza sono tutti d’accordo: l’allenatore. Hanno fiducia in Meo Sacchetti, nel suo basket particolare, anche se è molto diverso dal loro. “Meo è molto esperto in queste condizioni e bravo a ribaltare situazioni di svantaggio con la velocità e l’atipicità dei suoi quintetti – aggiunge Messina – L’importante è che dopo così tanti infortuni e un precampionato di sole sconfitte, la squadra resti serena e convinta di potersela giocare”. “Meo è l’allenatore giusto perché è abituato anche con le squadre di club a giocare una pallacanestro che spesso non ha un lungo in campo”, conferma Recalcati. “Sacchetti ha creato una buona atmosfera in questi due anni – analizza Boscia, che ha seguito Meo da vicino – Mi piace come gestisce gli uomini, come chiama i cambi. Io spero che negli ultimi giorni abbiano trovato la forma perché allora potranno essere pericolosi per tutti”.
“Le medaglie sono solo tre purtroppo”, come dice Boscia. Le hanno prenotate Stati Uniti, Serbia, Spagna e Francia. Senza sottovalutare Australia e la Grecia dei fratelloni Antetokounmpo. L’obbiettivo minimo è il ticket per il preolimpico. “Altrimenti vadano tutti a fare le sabbiature”, conclude il vocione profondo di Sandro Gamba. Fin troppo buono.