Matteo Berrettini (foto LaPresse)

Berrettini eccolo qua

Roberto Perrone

Ora tutti gli italiani tifano per lui agli Us Open. Anche quelli che a Wimbledon tifavano Roger (non noi)

Questa volta tutti tiferanno per lo spilungone romano, Matteo Berrettini, il ragazzo che in un anno è passato dal camper di famiglia ai quarti di finale degli Us Open di Flushing Meadows, New York, dove oggettivamente arrivare in camper non era semplice. Lo avrebbe abbandonato comunque. Tutto è cambiato un anno fa, nel luglio 2018, a Gstaad che basta il nome e pensi a riviste patinate, Carolina di Monaco, l’Avvocato che sciava con le pedule e vacanze da ricchi. In quell’estate calda, per lui sicuramente, il tennista romano ha conquistato il primo (di tre) titoli Atp, cambiando marcia. Ha svoltato. Fino ad allora girava per Futures e Challenger, insomma le serie minori del tennis mondiale, con papà Luca, che ha creato la Rome Tennis Academy con la benedizione del presidente del Coni, Giovanni Malagò, alla guida del mezzo, mamma Claudia, che ha un negozio di sigarette elettroniche, al sostentamento e il fratello Jacopo, più giovane, in appoggio. E via, due altri titoli, ottavi Wimbledon, quarti agli Us Open, primo italiano ad arrivare fin qua da Corrado Barazzutti, che poi fu semifinalista (sconfitto) contro Jimmy Connors. Era il 1977.

 

Il tifo italiano, anche il suo, sarà per Berrettini, finalmente. A Wimbledon, negli ottavi, incocciò Roger Federer, di cui conserva il poster in camera con quello di LeBron James. Per un ragazzo di 1 metro e 96 l’altra passione non poteva non essere il basket. Quel giorno, il Big Monday, con tutti gli ottavi in campo, sedici partite, il giorno dei giorni per cui i disperati della racchetta si piazzano in Church Road con tenda, sacco a pelo e fornellino per il tè da sabato pomeriggio, nessuno tifava per “Berretto”. Non il pubblico presente, non quello in tv, non un italiano, soprattutto. Forse giusto Santopadre e i parenti più stretti. Ai groupie e alle groupie di Roger non importa la nazionalità dello sfidante, anche se questo ha il loro stesso passaporto. Conta solo il culto del profeta di Basilea. Telecronisti, giornalisti, tifosi di ogni ordine e grado, nessuno stava per Matteo, neanche in Italia. Il guaio è che pure il gigante era come bloccato dal timore di un delitto di lesa maestà. Pure lui tifava ancora per Federer, con cui, in comune ha il camper. Solo che Sua Signoria l’ha usato, sulle Alpi svizzere, per riprendersi dai due match point buttati contro Nole Djokovic in finale a Wimbledon. Un vezzo, non una necessità come quella di Matteo prima di Gstaad. Anyway, come dicono nel Queens, in questi Us Open Federer sta dall’altra parte del tabellone, eventualmente il problema si riproporrà in finale e quindi “forza Berretto” echeggerà per mari e monti, a cominciare da domani contro il francese Gael Monfils.

 

Ventitré anni, romano, dopo essere cresciuto con il maestro Raoul Pietrangeli, direttore tecnico del circolo Magistrati di Corte dei Conti, si è affidato alle cure di Vincenzo Santopadre, il genero di Zibì Boniek, di cui ha sposato la figlia Karolina. A proposito di gossip, Berrettini è fidanzato con Ajla Tomljanovic, 26 anni, tennista croata naturalizzata australiana, ex di Nick Kyrgios, il bad boy del circuito. Un bel salto, dalla follia di Kyrgios all’educata simpatia di Berrettini. La ragazza è stata colta da un’immagine nel box di Matteo. Santopadre, prima di dedicarsi interamente al tennis, aveva anche servito ai tavoli del ristorante di famiglia, un’insegna conosciuta a Roma. E’ stato un tennista non strabiliante, ma di grande serietà e affidabilità. E queste caratteristiche l’ha trasmesse a Berrettini, trovando terreno fertile. Matteo è l’esatto contrario di Fabio “sregolatezza” Fognini. Non spacca racchette, non insulta, non se la prende con il mondo, è un ragazzo corretto ed educato. Quando è arrabbiato non parla con gli altri, ma con se stesso, autocriticandosi. Forse per togliergli un po’ di gentilezza e aumentare, almeno quando c’è da mandare la pallina dall’altra parte, il tasso di violenza, Santopadre lo ha costretto a una retrospettiva di tutti i film di Tarantino.

 

Possiede un servizio di tutto rispetto, ma potrebbe fare meglio con quell’altezza, e un gran dritto. Dall’èra del camper, solo un anno fa, di miglioramenti però ne ha fatti tanti, arrivando nel club dei 18 (con lui), gli italiani a spingersi fino al quarto di un Major. Ha usato tutte le armi a sua disposizione e ne ha aggiunta qualcuna, come la smorzata. Dovrebbe entrare tra i primi 20 del ranking alla fine dell’ultimo Slam dell’anno. Noi facciamo il tifo per lui. Eravamo dalla sua parte anche a Wimbledon, per la cronaca, esigua minoranza come piace a noi.

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