il foglio sportivo
Il rugby non si gioca solo con le mani. Chi sono i devoti della liturgia dei calci
I piedi del mediano inglese Farrell possono decidere Inghilterra-Nuova Zelanda ai Mondiali in Giappone. Così i migliori preparano le loro traiettorie liriche
Prende il pallone con tutte e due le mani. E respira, istintivamente. Lo gira finché non trova la valvola. E respira, naturalmente. Lo sistema sulla piazzuola, verticale, leggermente obliquo, con la valvola davanti. E respira, automaticamente. Fa tre passi indietro, in linea con il pallone e il centro dei pali. E respira, sistematicamente. Poi fa tre passi – dipende dall’angolazione – verso sinistra. E respira, consapevolmente. Si ferma e allarga le gambe. Tiene i piedi paralleli. Respira, e si ispira. Striscia due o tre volte il piede destro sull’erba in direzione del pallone e accompagna questo movimento dondolando il braccio sinistro. E respira, meccanicamente. Muovendo il collo, verso sinistra, per tre volte volge la testa, stringe gli occhi e allunga lo sguardo dal pallone al centro dei pali, tracciando idealmente, geometricamente, aeronauticamente una linea. Quindi – una recente novità – dondola le braccia verso il pallone come per indirizzare forze, energie e mira in mezzo ai pali. Impugna i pantaloncini sui lati con entrambe le mani e li tira su, come per liberare le gambe da impedimenti o costrizioni o filtri. E respira profondamente. Prende la rincorsa, un mezzo passo indietro, poi avanti, il secondo spostando il peso indietro, altri due passi spostando il peso avanti e infine calcia, di destro.
Il pallone decolla, vola e – finora, in quattro partite della Coppa del mondo 2019, nel 71 per cento delle trasformazioni e nell’89 dei calci piazzati – passa fra i pali e sopra la traversa.
Owen Farrell, 28 anni, 1,88 centimetri per 92 chili, è il mediano di apertura (numero 10) e il calciatore dell’Inghilterra. Figlio d’arte (Andy, il padre, è stato nazionale inglese di rugby a 13 come ala e di rugby a XV come centro), bandiera dei Saracens, 77 partite e 861 punti con la nazionale inglese, secondo marcatore di questa Coppa del mondo (44 punti contro i 54 del giapponese Yu Tamura, che però vanta due partite in più). Dai suoi piedi dipende l’esito di Inghilterra-Nuova Zelanda, statisticamente la prima delle semifinali (oggi, alle 10 ora italiana, anche sulla Rai), potenzialmente la vera finale della rassegna iridata. Farrell prenderà a calci gli All Blacks? Li ipnotizzerà con i suoi rituali? Li magnetizzerà con i suoi cerimoniali?
Fu Wilkinson, capitano degli inglesi nel 2003, a trasformare in “funzione religiosa” quel momento in campo. Per Diego Domínguez, recordman di punti con la Nazionale azzurra, “il calcio è più poesia che geometria”
Il rugby, nato a Rugby nel 1823 come trasgressione al calcio (correre con il pallone fra le mani: una sorta di peccato originale, ma anche uno scisma ovale), era un gioco di calci: la meta serviva per procurarsi la possibilità del relativo calcio, tant’è vero che la meta valeva un punto e il calcio tre. L’evoluzione della disciplina (e la filosofia dello spirito) ha valorizzato le azioni manovrate rispetto a quelle statiche, premiando le mete e penalizzando (un po’) i calci. Ma i calci sono, possono essere, decisivi. Sempre. E Farrell ne è interprete, protagonista, evangelista, forse sacerdote.
Il primo a elevare i calci a funzioni – per così dire – religiose è stato Jonny Wilkinson, mediano di apertura e calciatore dell’Inghilterra campione del mondo nel 2003. Oltre a quattro passi indietro diritti e a cinque laterali verso destra (lui: mancino), oltre all’inclinazione del pallone a 45 gradi e alla corrispondenza lineare, anzi, speculare fra il busto del calciatore e lo stesso pallone, “Wilko” ha introdotto una vera e propria liturgia con le mani, giunte come in una preghiera, “per separarmi dal resto del mondo – ha spiegato – soprattutto dai fischi e dalle urla dei tifosi avversari”, “un’operazione di concentrazione, rilassamento, carica, osservazione, visualizzazione e analisi dei dati, dalla distanza al vento”, “una sequenza di movimenti ripetuti migliaia di volte in allenamento ed eseguiti centinaia di volte in partita”, “fino a quando mi sembrava che i battiti del mio cuore potessero essere sentiti anche dagli spettatori: quello era il momento in cui finalmente calciare”. L’ultimo dettaglio era immaginare una ragazza, una certa Doris, seduta in tribuna dietro i pali con un bicchiere di Coca-Cola, centrarla con il pallone e farle cadere il bicchiere dalle mani. La precisione di Wilkinson era così devastante che alcuni tifosi delle squadre avversarie avevano chiesto – invano – di restringere, con una nuova regola, la distanza tra i pali delle porte.
Rispetto a Wilkinson, Farrell ha aggiunto un altro rituale dopo aver realizzato il piazzato o la trasformazione (ma anche una meta): l’indice della mano sinistra che stringe l’indice della mano destra. Chi pensa che sia un segno di amore o un codice di complicità, si sbaglia. “Si tratta di due J, quelle di Jack Johnson, un ragazzino che giocava nella squadra allenata da mio padre e colpito dalla distrofia muscolare di Duchenne, una malattia terminale”. Quei due indici intrecciati servono a ricordarne il caso, moltiplicarne la conoscenza, raccogliere fondi per la ricerca. “Quando ti rendi conto della mancanza di coscienza su un problema così grande – è la tesi di Farrell – salti a bordo e fai la tua parte”.
Un altro mediano di apertura e calciatore, che si affida a mimiche più cabarettistiche che teatrali, è il gallese Dan Bigger: fra movimenti con le spalle e sulle gambe, fra passaggi delle mani sui capelli e sulla maglia all’altezza delle spalle, fra sguardi e sputi, ha creato una specie di “kicking dance”, trasformata dagli youTubers addirittura in una macarena.
Nel rugby esistono anche i calci d’inizio e di liberazione, i calci liberi e i calcetti a seguire, i calci alle stelle (“up-and-under”, il pallone su in cielo e tutti i giocatori giù in terra a catturarlo guadagnando spazio) e i calci all’ala (dal mediano di apertura: più velocemente che trasmettere il pallone con una serie di passaggi alla mano), fino ai drop (un calcio in mezzo ai pali, in azione, facendo rimbalzare il pallone prima di colpirlo). “Il calcio – sostiene Diego Dominguez, il mediano di apertura e calciatore che con la precisione dei piedi ha regalato all’Italia l’ingresso nel Sei Nazioni – è più poesia che geometria”. Da Inghilterra-Nuova Zelanda, e poi anche da Galles-Sudafrica, si attendono traiettorie liriche.