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il foglio sportivo – storie di storie

Poulidor e gli altri alle spalle dei giganti

Mauro Berruto

Il fascino di immergersi nelle narrazioni di atleti che per varie ragioni sono rimasti all’ombra di qualche campione

Se ne è andato a 83 anni Raymond Poulidor, l’eterno secondo. Otto volte sul podio al Tour de France, senza vincere mai, una vita all’ombra di Jacques Anquetil. Eppure Poupou, come lo chiamavano i suoi connazionali, era una vera leggenda e L’Equipe, che genialmente ha titolato Il était la Poupoularité, gli ha dedicato un tributo immenso.

 

 

Facile partire dallo sport per parlare dei secondi, quelli arrivati un attimo, un centimetro, un punto dopo, ma per riflettere sull’essenza dei numeri due (se i numeri primi soffrono di solitudine, immaginate i secondi!) è interessante fare un’escursione del mondo della pubblicità, per esempio. Spesso grandi brand si sono sfidati, a suon di slogan, a duello come quello, leggendario negli anni Sessanta, fra due grandi agenzie di autonoleggio: Avis ed Hertz. Il mercato di settore, in America, era dominato da Hertz, ma i rivali di Avis, nel 1963, si inventarono una geniale campagna pubblicitaria: il numeroduismo. Questo manifesto si fondava su un concetto: “We’re only N°2… We try harder!”. Tesi semplice: “Siamo solo i numeri due: non possiamo permetterci posaceneri pieni, tergicristalli consumati, automobili sporche, climatizzatori che non climatizzano, sghiacciatori che non sghiacciano. Per tutte queste ragioni dovresti sceglierci!” e, come giusto che sia di fronte all’irrompere in scena della genialità, Avis guadagnò molte quote di mercato. Insomma, se sei un underdog, dover lavorare più duro, impegnarti di più, è il tuo unico destino? Certamente bisogna essere felici se i propri avversari sono difficili da battere: la loro qualità è il tesoro sul quale si è seduti. Immergersi nelle narrazioni di atleti che per varie ragioni sono rimasti all’ombra di qualche gigante è affascinante e se volessimo un Caronte, uno spirito guida, un mentore di coloro cui il destino ha appioppato la condanna di nascere nello stesso momento di un grandissimo, oltre al compianto Poulidor, potremmo rivolgerci a un altro francese: Alain Mimoun, l’ombra di Emil Zatopek. Destinato a vederne sempre la schiena, si riscattò ai Giochi Olimpici di Melbourne nel 1956 quando, finalmente, tagliò per primo la linea del traguardo più prestigioso. Fece una sola cosa, invece di esultare: aspettò Zatopek per 4’30” e quando la “locomotiva umana” arrivò, sfinito e al sesto posto, lo strinse in uno degli abbracci più commoventi della storia dello sport.

 

Il primo libro che ci farà scoprire il meraviglioso mondo dei secondi, a fronte dei mille che parlano dei numeri uno o degli ultimi, è di Fabio De Santis: Io ce la potevo fare (Fazi editore, 2009), quindici storie di sportivi certamente dotati di grande talento, ma che per qualche ragione si sono fermati a un passo dalla gloria. Gente proprio come Raymond Poulidor, Antonio Cassano, Eddie Irvine, Path Cash, e tanti altri (anche meno noti) come Chuck Wepner che per 19 secondi vide svanire il sogno di terminare in piedi il suo combattimento contro Muhammad Ali, ma il cui coraggio sul ring ispirò a Sylvester Stallone il film Rocky.

 

Il secondo libro ha un titolo ancora più esplicito. Lo ha scritto Marilena Lualdi, L’importanza di essere secondi (Nomos, 2012). Che cos’hanno in comune Robert Falcon Scott (colui che Amundsen bruciò nella corsa alla conquista del Polo Sud) e re Giovanni Senza Terra? O il principe Gionata e Ron, l’amico del cuore di Harry Potter? L’essere secondi, in maniere, epoche e pagine differenti. Un ruolo che hanno svolto anche tante donne, eroine nascoste eppure pioniere nella loro tenace esistenza. O ancora musicisti e, naturalmente, atleti. A volte persino intere discipline sportive che raramente brillano sotto i riflettori. D’altronde è partita la rincorsa verso i Giochi Olimpici di Tokyo, dobbiamo preparare noi stessi ad emozionarci per sport e atleti abituati a stare al mondo non sulle spalle, ma all’ombra dei giganti!

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