Damned Perrone, che qui sotto mi ruba l’idea per la rubrica, e mi costringe così a parlare di calcio giocato. Giocato bene, quindi in Inghilterra, anche se nel caso specifico non benissimo. Il mio pensiero della settimana è sintetizzabile in una domanda, sorta spontanea alla fine del primo tempo della semifinale di andata di League Cup in cui il Manchester City senza punte aveva segnato tre gol al Manchester United sfiorandone altrettanti (la partita, giocata all’Old Trafford, è poi finita 1-3): per quale fottuto motivo Ole Gunnar Solskjaer siede ancora sulla panchina dei Red Devils? Basta essere stato un forte giocatore di una determinata squadra, avere segnato gol decisivi che resteranno nella storia del club e avere alzato trofei per essere in grado di allenarla decentemente? No, come sanno bene anche i tifosi del Milan. Solskjaer ha fatto un gol epico nella finale di Champions del 1999, e va bene, ed è stato il giocatore dello United che ha segnato più gol partendo dalla panchina. Dalla panchina, appunto. Proprio lì siede oggi, e forse se la ride un po’ troppo – come ha fatto notare Van Persie – mentre la squadra che allena annega nella mediocrità di metà classifica, si fa umiliare dai vicini rumorosi di Guardiola e sbeffeggiare via intervista ai giornali italiani persino da Mino Raiola. Hai voglia a spiegare ai tifosi dei Red Devils che anche Ferguson iniziò male, doveva essere esonerato e poi è diventato l’allenatore più vincente della storia del calcio: questo sport è cambiato, la pazienza non è più una virtù ma un vizio mortale come il fumo e l’alcol (ma molto meno divertente).
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