Questo è un giorno esistito veramente. Simone Inzaghi, a Formentera con il fratello Pippo, ha ancora qualche giorno di sole e di vacanza. Fra poco dovrà fare i bagagli e iniziare ad allenare la Salernitana. Gliel’ha detto Lotito: quella squadra è una sua dependance in serie B, un’altra proprietà dove ogni tanto gira chi è della Lazio, ma ancora non è pronto o forse non lo diventerà. Bella la serie A, pensa Simone. Anche adesso che fa l’allenatore, il mestiere più pericoloso del calcio. C’è stato dal 3 aprile a fine campionato: promosso all’improvviso dalla Primavera della Lazio, al posto di Pioli. Sette partite (e dodici punti), qualche sorriso e l’idea sussurrata di essere all’altezza del compito. Ma ora gli hanno detto di andare in serie B. Lotito pensa che forse non è ancora il momento, è troppo giovane, alla Lazio serve altro. Inzaghi ha fatto la sua gavetta, certo; è stato un bravo traghettatore, ma tanto è sempre il presidente a decidere. Abituale padre-padrone della Lazio, Lotito ama anche fare il padre severissimo, quello che deve far vedere ogni cosa da vicino senza la possibilità di toccare. E poi deve dire che è comunque grazie a lui se la si può vedere così da vicino, quindi bene così, Simone, ma zitto e grato. Infatti Lotito rivendica pure il percorso dell’ex attaccante diventato tecnico: “Quando la carriera di Inzaghi era agli ultimi anni, durante la trattativa per il rinnovo del contratto, gli ho chiesto cosa volesse fare dopo. Mi ha risposto ‘l’allenatore’, e gli ho detto ‘ti faccio fare l’allenatore qui’”. Simone Inzaghi è suo figlioccio, dice. Allena per volontà di Lotito.
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