il foglio sportivo
Al Var i millimetri contano
Giusto modificare il protocollo, purché si torni allo spirito originale
Detto che si stava meglio quando il Var serviva solo per correggere errori chiari ed evidenti, i dibattiti sulla sua “evoluzione” fanno temere il peggio. Ora si discute di “margini di tolleranza” sul fuorigioco, il che è pure giusto: capita sovente che l’addetto alla moviola faccia partire il replay non nel momento esatto in cui dovrebbe, ma quando il pallone è già “staccato” dal piede del giocatore da cui parte l’azione. Siccome il calcio non deve diventare materia per neurologi, il problema c’è. Lo sanno bene i britannici, che controllano metà dell’Ifab e vogliono tornare indietro, evitando che sia il computer a stabilire se un’azione è viziata o meno dal fuorigioco. Ha ragione il designatore Uefa, Roberto Rosetti: “Se esiste una difficoltà reale nel determinare se è fuorigioco, sempre meglio lasciare la decisione del campo”. Semplice a dirsi, meno a farsi. Soprattutto in contesti come quello italiano, dove si protesta anche per un gol-non gol stabilito dalla tecnologia. Certo, sarebbe opportuno discutere anche della preparazione di chi valuta con i propri occhi. Il gesto da pallavolista di Smalling in Roma-Torino si poteva vedere anche senza correre al monitor. E il fatto che per il Genoa non ci fosse rigore contro il Sassuolo un attento uomo Var avrebbe dovuto stabilirlo prontamente.