Quegli stupidi, stupiti da Sarri
L'allenatore della Juventus dimostra che erano Napoli e Chelsea a non essere alla sua altezza, non viceversa
In Italia i luoghi comuni costruiscono le fortune del giornalismo pigro, quello che improvvidamente si stupisce della gente che legge sempre meno, inseguendo fonti alternative per informarsi. Prendete Maurizio Sarri. Quando è andato al Chelsea, tutti lo attendevano al varco, convinti di vedere una riedizione del villano alle prese con la grande città. Il tecnico ha giocato in contropiede, con un inglese spigliato, con la capacità di adattarsi a un club per nulla semplice (guardate gli scalpi degli allenatori collezionati) e congedandosi dopo aver conquistato l'Europa League. Quando è poi finito alla Juventus, ecco le sopracciglia alzate in memoria delle dichiarazioni anti-bianconere e delle tute indossate ai tempi del Napoli. E Sarri ha nuovamente sorpreso, dando le ragioni di quell'atteggiamento e adattando le sue abitudini (a cominciare dall'abbigliamento) alla nuova situazione. Una mutazione che ha stupito solo chi non sa lasciarsi provocare dalla realtà, perché convinto di sapere già ogni cosa e, soprattutto, perché incapace di conoscere la professionalità quando se la ritrova di fronte.
Quella di Sarri arriva da lontano, da quando alternava il lavoro in banca a quello di allenatore dilettanti. Una costruzione graduale, compiuta passo dopo passo, fino ad arrivare alla certezza di poter dedicarsi a tempo pieno alla panchina. A Empoli ha offerto bel gioco e salvezza, a Napoli ha risvegliato passioni che si erano perdute, al Chelsea ha dimostrato di saper vincere a chi sosteneva che fosse un tecnico bravissimo ad arrivare secondo. E alla Juventus sta soddisfacendo al meglio le esigenze di chi lo ha chiamato dopo il repentino divorzio da Massimiliano Allegri. Una scelta convinta, quella del duo Pavel Nedved-Fabio Paratici, vicepresidente e direttore sportivo bianconeri. Mentre le chiacchiere su Internet favoleggiavano di contatti con Pep Guardiola, loro avevano individuato nel grande ex nemico l'uomo su cui puntare, bloccando per qualche tempo Simone Inzaghi in attesa che Sarri risolvesse il contratto con il Chelsea, un passaggio mai facile con i londinesi.
Una decisione che, al momento, sta pagando. La Juventus ha chiuso il girone di andata in testa a 48 punti, in linea con quanto fatto negli ultimi otto scudetti consecutivi e dietro solo alle annate record di Antonio Conte (52) nel 2014 e Allegri (53) nel 2019. Sarri vi è arrivato cambiando formazione, tranne nelle ultime due partite, e andando contro un altro luogo comune che lo vedeva legato sempre agli stessi undici uomini. Semplice la sua spiegazione: “Al Napoli non avevo una rosa così”. Una rosa in cui c'è una presenza ingombrante come quella di Cristiano Ronaldo, uno che - secondo i soliti bene informati - un tecnico arrivato a 60 anni ad altissimi livelli avrebbe patito. Sarri lo invece ha tolto dal campo quando è stato il momento, ne ha gestito la reazione stizzita dovuta all'altissima autoconsiderazione personale e gli ha suggerito il modo in cui avrebbe potuto rendersi utile ai destini collettivi. Risultato? Contro la Roma è arrivata la sesta rete consecutiva in campionato e il portoghese sta giocando a livelli visti a sprazzi nella passata stagione.
Tutto questo è stato finora possibile perché Sarri ha saputo entrare con rispetto nella nuova realtà, accorgendosi subito di come fosse differente dalla passionalità disorganizzata di Napoli e dalla ricca freddezza del Chelsea. Lo ha capito all'inizio della stagione, quando non ha potuto seguire in prima persona la squadra per colpa di una polmonite contratta nella tournée in Oriente. In quei giorni i vecchi della Juventus hanno preso in mano la situazione, rivelandosi il prolungamento dell'allenatore nello spogliatoio e sul campo. Come un'automobile del futuro, che non ha bisogno di uno al volante per tenere la strada. In quel momento l'allenatore ha avuto la consapevolezza di avere tra le mani qualcosa di diverso dal passato, che avrebbe avuto bisogno di essere modificato ma non stravolto. La conseguenza è una stagione ancora dominante in una annata in cui la concorrenza (Inter e Lazio) si è fatta nuovamente sotto. Certo, tutto resta perfettibile: vedi alla voce Supercoppa italiana. Ma il campionato è, per ora, sotto il tallone bianconero e, soprattutto, la Champions League è stata affrontata con un passo che mancava da tempo. E il benevolo sorteggio agli ottavi di finale con il Lione apre la strada verso quell'obiettivo che è l'unico che (ancora) veramente conta ai piani alti juventini.
Il Foglio sportivo - In corpore sano