L'attaccante del Tottenham Harry Kane (foto LaPresse)

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Kane, Keane, Kean e il divieto di insulti allo stadio

Jack O'Malley

Il Tottenham senza bomber prenda il figlio di un grande ex. Il Daspo per i maleducati no, vi prego

[Anticipiamo un articolo del numero del Foglio Sportivo in edicola domani e domenica. L'edizione di sabato 18 gennaio e domenica 19 gennaio la potete scaricare qui dalle 23,30 di venerdì 17 gennaio]

 


Adesso che Harry Kane è rotto per almeno sei mesi (e noi inglesi già piangiamo per gli Europei della prossima estate), consiglio al Tottenham orfano del suo bomber di buttare gli occhi sul quasi omonimo Keane. Non Robbie, che ha smesso dopo troppe partite negli Stati Uniti, ma suo figlio Hudson. Entrato in campo con i giocatori prima della partita di FA Cup degli Spurs contro il Middlesbrough, quando le squadre erano schierate a centrocampo per i saluti rituali ha preso palla, si è involato verso la porta vuota e ha segnato un gol che Paquetá avrebbe sbagliato con lo stadio in delirio. La cosa più bella è stata la sua esultanza in stile Cantona: il bimbo è rimasto immobile a testa alta guardando gli spalti, praticamente quello che fa per 90 minuti Manolas da quando gioca nel Napoli.

 

 

Hudson ha così segnato già più gol in Inghilterra di un altro quasi omonimo, Kean, Moise, che non è suo parente: l’attaccante italiano saggiamente venduto dalla Juventus la scorsa estate, dopo averlo pompato all’inverosimile facendo credere a molti che fosse il nuovo Henry, è stato riconosciuto mentre guidava dalle parti di Liverpool da due tifosi della sua squadra, l’Everton. I due ragazzi hanno mimato la sua esultanza tipica, lui li ha filmati e pubblicato il tutto su Instagram: il giorno in cui tornerà a fare un gol almeno si ricorderà cosa deve fare per festeggiare.

 

In attesa che in Italia le Sardine prendano il potere e inizino a dare il Daspo a chi non si comporta bene sui social network, mi ritrovo a sperare che non vadano mai ai vertici del calcio, nei giorni in cui leggo di lezioni di bon ton date (sempre sui social, ormai il mondo reale è la nuova realtà virtuale) ai tifosi della Fiorentina. I supporter viola si sono lasciati decisamente andare durante la partita di Coppa Italia contro l’Atalanta insultando la mamma dell’allenatore nerazzurro, Gian Piero Gasperini, che si conferma il mister più amato dai giornalisti e più odiato dai tifosi (avversari ovviamente). Lui si è giustamente arrabbiato, ha tirato in ballo resistenza e fascismo come un editorialista di Repubblica e dato il via a una discussione sull’opportunità di punire anche i cori offensivi, non solo quelli razzisti. Io non sono di quelli che pensano che dato che un allenatore e un calciatore prendono tanti soldi devono starsene zitti e beccarsi qualunque insulto, penso anche che una partita di calcio allo stadio sia un grande rito collettivo e ha un che di primordiale, che gli stessi tifosi che insultavano la mamma di Gasperini a Firenze gli avrebbero chiesto una foto e fatto i complimenti incontrandolo in autogrill, penso che ci sia un gioco delle parti spesso mosso dall’istinto, quando si va allo stadio, che nei limiti della decenza molte cose che fuori non sarebbero concesse lì siano accettabili. Non sto giustificando i “figli di puttana” a Gasperini, ma non mi sento neanche di fare il giudice che dice questo sì questo no. Quelli che esaltano la crudele bellezza e ruspantezza di certi derby sudamericani sono gli stessi che si indignano per un “devi morire” cantato a un giocatore infortunato in Italia?

 

Prendiamo tutto troppo sul serio, abbiamo seppellito l’appartenenza e l’ironia sotto al terrore di offendere gli altri. La mamma di Gasperini non andrebbe insultata, ma il giorno in cui verrà dato il Daspo a chi insulta un avversario allo stadio spero di essere morto.