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Parabola Carpi

Leo Lombardi

La scommessa di Stefano Bonacini e la prima stagione in Serie A. Poi il cono d'ombra che conduce alla caduta in C. Ora la squadra tenta il rilancio grazie a un nuovo tecnico che ha saputo dare un cambio di marcia

A metà maggio voleva vendere, oggi ha cambiato idea. Stefano Bonacini è il proprietario del Carpi, un'avventura cominciata nel 2009, quasi come una scommessa tra amici. La squadra galleggia tra Eccellenza e serie D, un fardello derivante dal solito fallimento di chi retrocede dalla C. Ma, nel giro di poco più di cinque anni, si ritrova inaspettatamente catapultata in serie A. Merito di Fabrizio Castori e di attaccanti oggi arrivati anche in Nazionale, ma allora misconosciuti come Kevin Lasagna e Roberto Inglese. Una promozione che non ha però alle spalle una potenza economica come la Mapei e un pubblico fedele, come capita al Sassuolo, altra realtà della provincia modenese. Quell'esperienza dura una stagione soltanto, targata 2015-16: si chiude con un ultimo posto e si trasforma in un cono d'ombra.

 

Il cono d'ombra che conduce alla caduta in serie C dello scorso campionato, quella che spinge Bonacini a dire basta. Lo afferma con la poca voglia di abbandonare un ambiente che ha frequentato per anni, prima come sponsor di Udinese, Genoa e Ascoli (il marchio casual Gaudì) e poi come attore in prima persona. Lo afferma perché sa che la nuova-vecchia categoria è un bagno di sangue dal punto di visto economico, per i contributi e per i diritti televisivi, risibili rispetto anche soltanto a una serie B, e con costi da professionismo vero. Costi che diventano ancora più importanti in una realtà che ha sì un tifoso illustre in Gregorio Paltrinieri, ma che porta poca gente a vedere le partite. “La città non ha purtroppo seguito il nostro progetto - si sfogava Bonacini -, è stata un'avventura bellissima. Lascio una società sana, aspetto un acquirente serio”.

 

Ma il calcio, si sa, è una bestia strana. Compratori non se ne vedono all'orizzonte, neanche poco seri. E il Carpi, presentatosi al campionato a fari spentissimi, oggi viaggia in seconda posizione, con una squadra fatta in casa e costata poco o nulla. Questo grazie ai vari paracadute che danno una mano a chi retrocede. Anche quello della B, normalmente miserello, si trasforma stavolta in un piccolo tesoro, per le mancate iscrizioni di Foggia e Palermo, i cui soldi sono andati a rimpinguare le casse del Carpi. In sostanza, quattro milioni con cui è stato mandato in pari il bilancio 2018-19, regalando tranquillità. Il resto lo ha fatto la squadra, infondendo nuovo entusiasmo nella proprietà, che ora non pensa per nulla a vendere. Anzi, la prospettiva di tornare in B lo ha infiammato e molto passerà dal prossimo turno in casa della capolista Vicenza, per una sfida veramente alla moda, tra la Diesel del veneto Renzo Rosso e la Gaudì dell'emiliano Bonacini.

 

Il merito è del 50enne Giancarlo Riolfo, un tecnico preso in estate dalla serie D, dove aveva salvato la Torres agli spareggi. Un nome sconosciuto ai più, per un ingaggio nell'ottica di ottimizzare i costi, vista una carriera che - al massimo - lo aveva condotto in C a Savona e che, in alcune annate, lo aveva visto dedicarsi alla professione di assicuratore quando non vi era certezza di uno stipendio dal pallone a fine mese. Gli hanno affidato una squadra fatta di soli quattro elementi della passata stagione e piena di giovani, anche del luogo, da valorizzare. Impossibile, con queste premesse dedicarsi a un calcio speculativo. Riolfo ha organizzato una squadra che pratica un gioco diretto e verticale, senza paure. Il risultato è stato un cambio di marcia impressionante nelle ultime otto giornate, in cui sono arrivati ventidue punti, tre in più del prossimo avversario. L'esame di maturità per i ragazzi di Riolfo il cui obiettivo, dopo aver fatto reinnamorare Bonacini, è quello di provarci con la città: una media di poco più di mille persone nel rinnovato Cabassi non rende merito a un luogo dove vivono oltre 70.000 persone.

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