il foglio sportivo – tifare contro
Daspo e Sardine. Le parole sono importanti
Un daspo per i social network? Quello che invoca Mattia Santori non è una parola: in sé “daspo” non vuole dire niente
Mattia Santori, leader delle “Sardine”, non è ben chiaro se faccia politica, ma di sicuro parla di politica, con i suoi toni seri ma leggeri, sereni ma fermi. Avrei sperato, quindi, che, sia per l’età, sia per la dichiarata volontà di cercare modi nuovi di parlare di politica, Santori fosse più consapevole dell’importanza delle parole, di alcune in particolare, rispetto ai suoi avversari di “destra” e ai suoi interlocutori di “sinistra”.
Come spesso capita ai vecchi, anche io ho il vizio della precisione, per cui segnalo che il “daspo” che Santori invoca per i social network non è una parola; in sé “daspo” non vuole dire niente.
L’acronimo D.A.SPO, invece, significa “Divieto (di) accesso (alle manifestazioni) sportive”. Esattamente come Salvini con il “Daspo urbano”, e come Minniti prima ancora di Salvini, anche Santori utilizza il termine a sproposito, visto che non si vede cosa c’entri lo sport con i social network, e sembra lasciar trasparire – ahimé, ahilui, ahitutti – la stessa fascinazione per un provvedimento sempre controverso e spesso iniquo, e lo stesso entusiasmo da questori di provincia per i divieti, le chiusure, le repressioni, in sintesi per la cancellazione di tutto quello, e soprattutto di tutti quelli, che non sono come li vogliono loro.
Quello che invece non traspare, perché purtroppo è sicuro, è che Santori, esattamente come quasi tutti i politici italiani, sia quelli che le “sardine” avversano, sia quelli che le “sardine” ritengono vecchi arnesi obsoleti, quando tira in ballo gli stadi, le curve, e gli ultras, non ha la più pallida idea di quello che dice: “Se io vado in un’arena pubblica sportiva […] e il mio comportamento è tacciato o tacciabile di violenza […] come presentarmi con delle spranghe…”.
Con le spranghe? Allo stadio? In Italia? Ma quando? Ma dove? Ma lo sa Santori che oggi il D.A.SPO. che gli piace tanto può venire inflitto per una maglietta sbagliata, una sciarpa sbagliata, una parola sbagliata, una scritta sbagliata? Altro che spranghe, altro che violenza. Speriamo non avesse ragione Nanni Moretti, a dire che “chi parla male, pensa male.”