Prima che quasi tutti gli acquisti di gennaio si rivelino per quello che sono, tendenzialmente dei flop, ci siamo crogiolati nell’illusione delle ultime ore di calciomercato, sognando riscatti che non ci saranno, sperando contro ogni speranza nei ritorni improbabili, esultando per cessioni che rimpiangeremo. È stato bello, però, anche se ci toccherà leggere ancora per qualche giorno che la squadra del nuovo acquisto di turno è stata “scelta col cuore” ed era “quella che sognavo da bambino”: poi torneremo a guardare le partite senza vedere il cartellino del prezzo attaccato ai pantaloncini dei giocatori. Il calcio è una bestia strana, uccide e divora i propri leader manco fosse il Pd. Non c’è statistica che regga davvero fino in fondo, né big data che potessero prevedere quello che vediamo sotto ai nostri occhi. Fenomeni che segnavano pure colpendo il pallone per sbaglio improvvisamente non centrano la porta nemmeno quando è vuota, difensori insuperabili vengono dribblati come bambini al parco. La testa, ci dicono gli esperti da pub, è la testa che conta. E poi l’ambiente (non quello di Greta, grazie a Dio, o almeno non ancora), la dirigenza più o meno seria, la preparazione, l’allenatore, la dieta, la digestione, la sfiga (e la figa, quella tantissimo).
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