il foglio sportivo – tifare contro
La violenza minore
La ferocia campanilistica di alcuni tifosi non ragiona per dimensioni o per categoria. E i temutissimi ultras non sono, come a volte si cerca di far passare, la causa, ma l’effetto, di questo irredimibile rancore popolare
Nel nostro immaginario collettivo di tifosi e appassionati, il calcio minore, quello delle serie dilettantistiche, ha sempre avuto un sapore buono, casereccio e genuino. Senza tornare all’immaginifico Borgorosso football club, basta pensare a squadre con nomi come Caravaggio, Ladispoli, Campodarsego, Biancavilla, Ghivizzano Borgo, Albalonga, per lasciarsi andare al vagheggiamento di un’Italia periferica ma risolta, provinciale con orgoglio, che dal profondo sud all’estremo nord la domenica si trasferisce direttamente dalla tavola del pranzo patriarcale alle recinzioni di campi terrosi e sghembi, per godersi la partita della squadra del paese, o del quartiere, tra nonni, figli e nipoti.
Ma il mondo tende sempre più a essere come vuole lui, e non come lo vorremmo, o come lo immaginiamo noi.
Nelle ultime settimane abbiamo avuto notizia di una serie di diffide pesanti inflitte ai tifosi dell’Ostia Mare (serie D, girone G) per violenze e intimidazioni ai danni dei giocatori ospiti; c’è poi il Real San Basilio, prima categoria laziale, che smentisce il luogo comune secondo il quale l’intreccio tra criminalità organizzata e calcio avviene soprattutto nelle grandi città, perché quelle sono le curve dove girano i soldi. Del clima che si respira a San Basilio – limitandosi al calcio – si è già parlato a fine 2018, quando un arbitro è stato aggredito dai tifosi ed è finito all’ospedale. Ma le intimidazioni, i soprusi e le violenze del nutrito gruppo di tifosi al seguito della squadra sono continuate, al punto da spingere il questore, più o meno negli stessi giorni in cui veniva arrestato il presidente della squadra, a chiedere che si giochi in strutture dove sia possibile evitare il contatto tra i giocatori avversari e i tifosi del San Basilio (cosa, in Prima categoria, non semplicissima).
Ed è poi stato con grande prestezza rimosso dal dibattito pubblico quanto avvenuto il 19 gennaio nel girone di Eccellenza lucana, quando a margine del derby tra Vultur Rionero e Melfi, con una dinamica identica a quella che è costata la vita a Daniele Belardinelli prima di Inter-Napoli del 26 dicembre 2018 (scontri, macchine, investimento), è morto un uomo di 33 anni.
È meglio farsene una ragione, la ferocia campanilistica non ragiona per dimensioni, è la stessa a Roma e a Milano come a Rionero e Melfi, e in tutti i piccoli paesi italiani che odiano da mille anni il paese più vicino. E i temutissimi ultras non sono, come a volte si cerca di far passare, la causa, ma l’effetto, di questo irredimibile rancore popolare. In più, nelle categorie minori, chi cerca lo scontro può anche contare su un servizio d’ordine necessariamente più blando rispetto alle serie professioniste.
E non è che ci sia molto da fare, non ci sono morali, né formule. Siamo pur sempre “il più cinico di tutti i popolacci” (Leopardi). Forse, però, allentare un po’ lo sforzo di controllo e di repressione che si esercita sulle grandi piazze (grandi anche mediaticamente), e distribuirlo meglio sul territorio, potrebbe evitare qualche tensione inutile, e diffondere un po’ di sicurezza, o di senso di sicurezza, che è quasi la stessa cosa.