Foto LaPresse

il foglio sportivo

Pelé è solo un uomo

Giampiero Timossi

O Rei e il buio in una stanza. Il campione brasiliano era stato operato a un'anca “non ha fatto un’adeguata riabilitazione e per questo ha problemi motori che gli hanno provocato una sorta di depressione”, ha detto suo figlio

Era la modernità, di un secolo fa. È l’immagine di un tempo fatto di paure e pensieri verso il basso. Era stacchi di testa, colori, cravatte stonate. La réclame della carta di credito volle lui. Su un completo panna (tendente al marun) gli cucirono uno stemma grande come un continente: MasterCard. Sponsorizzazione sproporzionata quanto efficace. Adesso che ha 79 anni, Pelé è il buio in una stanza. Per tutta la metà del secolo scorso è stato l’antidoto alla malinconia. Ora è malinconico, ma di una malinconia che vuole rimanere produttiva. Per capire che significa bisogna aspettare ancora qualche curva. La storia della sua patacca sulla giacca, l’immagine della sua rovesciata in maglia del Santos stampata su una carta di credito, non sono solo curiosità. Arrivarono una ventina di anni dopo quel 1950, quando mister Frank McNamara si accorse di aver dimenticato a casa il denaro per pagare il ristorante: per evitare che lo sgradevole episodio di ripetesse si inventò la Diners. Poi le idee corrono e arriva Pelé. Lui non è solo una réclame tra mille altre: è l’idea capovolta come una rovesciata, racconta che la felicità non ha prezzo, si può anche prendere a prezzo. È una grande bolla e dentro c’è anche O Rei.

 

Poi la bolla può anche esplodere e l’icona moderna di un secolo che non c’è più viene avvolto dalla depressione. È una parola moderna, ma non tutti sanno pronunciarla. La storia è questa e l’ha raccontata Edson Chobi Nascimento, per tutti Edinho, il figlio di Edson Arantes do Nascimento. Che, intervistato da Globe Esporte, ha rivelato: “Mio papà ė in imbarazzo, non vuole essere visto, non vuole fare praticamente niente che implichi uscire di casa”. Perché O Rei, la Perla nera o chiamatelo come diavolo vi pare è pur sempre un uomo. Perché il calciatore perfetto, l’unico capace di vincere tre volte il campionato del Mondo, di segnare 1.281 gol in venti anni di carriera, è stato operato a un’anca, però “non ha fatto un’adeguata riabilitazione e per questo ha problemi motori che gli hanno provocato una sorta di depressione”. Questo racconta Edinho, che fu portiere, forse modesto, con non più di una sessantina di presenze con la maglia del Santos, ma probabilmente schiacciato dall’icona paterna, uomo comunque consapevole che la solitudine dei numeri primi non la vivi solo tra i pali, che la depressione può saltarti sulle spalle anche se hai vinto un pallone d’oro alla carriera o se sei nel momento più esaltante della tua vita da sportivo come ha raccontato Gianluigi Buffon. Al portiere della Juventus accadde quando aveva 25 anni, due anni prima di vincere un campionato del Mondo da protagonista assoluto, sfiorando il pallone d’oro. “Era come se la mia testa non fosse mia, ma di qualcun altro, come se fossi continuamente altrove”, confessò Buffon nel 2008 nella sua autobiografia “Numero 1”. Solo che Pelé non ha confessato e forse qui sta l’ossimoro di una modernità smarrita. Pochi giorni dopo O Rei ha smentito il figlio. Non ha fatto un tweet, ma una lettera che aveva però tutte le sembianze di un comunicato stampa: “Sto bene, continuo ad accettare i miei limiti fisici nel miglior modo possibile, ma intendo continuare a far rotolare la palla. Ho giorni buoni e giorni cattivi e questo è normale per le persone della mia età. Non ho paura, sono determinato, fiducioso in quello che faccio”. Però adesso il re di Svezia 1958 e Cile 1962 e Messico 1970 sembra saltare verso il basso. Comunque. Non ci sono più stadi e gol e lustrini e réclame, niente più bandiere da sventolare, maglie da indossare, del Brasile, del Santos dei New York Cosmos, altra intuizione avanti con i tempi, quella di emigrare nel calcio made in Usa a metà degli anni 70 e in nessun altro posto. Pelé che sembrava perfetto è solo un uomo. Ammetterlo non è facile, ha 79 anni, può farcela anche questa volta. Serve tempo. Le nostre anime di notte vanno educate.

Di più su questi argomenti: