il foglio sportivo – il ritratto di bonanza

L'Atletico Madrid siamo noi

Il coronavirus e quel manipolo di uomini che guardano all’impossibile e lo realizzano

Alessandro Bonan

Adesso che tutto è fermo, ogni cosa sembra in movimento. Anche una particella di polvere, in situazioni normali quasi impossibile da vedere. Ma i sensi sviluppati di questi giorni immobili, ci permettono di andare oltre le nostre abituali facoltà. Per cui si, è possibile guardare l’impossibile.

   

Il nostro spirito di osservazione si è improvvisamente sviluppato, come lo stesso maledetto virus, si è evoluto, fortificato, potenziato. Vediamo tutto molto più grande, ed è difficile non farci schiacciare dalla suggestione di queste ingigantite dimensioni. La mattina ci si sveglia in un silenzio onirico, sembra di continuare a sognare ma invece gli occhi sono già aperti. Al primo sorso di caffè si scatena un improvviso ottimismo, figlio dell’ignoranza. Speri che qualcosa sia cambiato nella notte; non hai ancora acceso il telefono, la tv, né guardato i giornali. Sei fermo alla sera precedente quando, sul divano, sei rimasto schiacciato dalle notizie sul diffondersi del virus. Una moltiplicazione di casi, di morti, di provvedimenti restrittivi. Te ne sei andato a letto con addosso il peso di quelle informazioni, tanto che dopo un primo momento di abbandono ad occhi aperti – la stanchezza del nulla e dell’impotenza –, ti sei lasciato andare a un sonno profondo nel quale i sogni sono stati più strani del solito. Fino, appunto, al ritorno del giorno, che sarà uguale, già lo sai, a quello precedente e al successivo. Tutto ciò che combini durante le ore trascorse chiuso in casa passa senza un tempo preciso. A volte questo tempo è velocissimo, a tratti si ferma. Intanto tutto si muove, anche gli oggetti solitamente bloccati lì da anni. Che so, un portaritratti, un vaso, un quadro, la foto appesa di tua figlia. Prendi un libro e lo leggi, tutto si velocizza e assume un tempo preciso, ti scaraventa fuori dalla stanza in cui ti trovi. Il libro è la tua unica salvezza per sfuggire a questa prigionia. Accendi la televisione, dove l’evasione rischia di fallire, visto che il mondo parla solo della tua condanna. Per fortuna ti imbatti nelle immagini del poco calcio di questi giorni.

   

Sky sta riproponendo la partita tra Liverpool e Atletico Madrid, quella in mezzo alla gente, un fatto che sembra impossibile, quasi una ricostruzione grafica. La squadra di Klopp verticalizza come sempre, a velocità doppia rispetto agli avversari. Eppure c’è qualcosa che non funziona e l’Atletico li punisce. Quelli del Liverpool li chiamano Reds, rossi. Sono fuori i rossi. Per quanto abbia fatto il tifo per loro, lo prendo come un auspicio. La difesa dell’Atletico, apparentemente ferma come tutto il popolo italiano in queste ore maledette, ha sconfitto il movimento degli avversari. L’Atletico siamo noi, penso, figurativamente statici, che vogliamo battere il virus, nemico rapidissimo in azione. Con una difesa strenua come quella della squadra di Simeone, dove tutto pare anchilosato e invece si muove. L’Atletico, questo manipolo di uomini che guardano all’impossibile e lo realizzano, siamo noi. E per una volta questa squadra così ostile alla bellezza mi piace da impazzire.