il foglio sportivo – il ritratto di bonanza
Il calcio e il ponte che non c'è più
I ponti ci servono per incontrare le nostre menti e far fruttare le idee migliori, e più ne costruiremo e più in fretta usciremo da questa situazione. Anche se si parla di pallone
Un ponte non crolla a caso. Le crepe, la superficialità di chi avrebbe dovuto sorvegliare, il primo rumore sinistro e tutto viene giù. Stiamo diventando specialisti del settore pc, ponti cascanti. Un’autentica vergogna, resa ancora più inaccettabile dal momento che stiamo vivendo. Sul ponte che attraversava il Magra, stavano passando pochi mezzi, dato che la libera circolazione, di questi tempi, è concessa soltanto a questo stramaledetto virus. Eppure, nonostante ciò, il ponte è crollato all’improvviso, accasciandosi al suolo come una stella filante dimenticata per terra a carnevale. I pochi uomini che c’erano sopra si sono salvati non si sa nemmeno come, visto che anche i miracoli, nei giorni del Covid, sembrano nascosti da qualche parte per non farsi trovare. Malinconica e avvilente l’immagine di quella strada senza gambe, inerme sul fiume, impossibilitata a svolgere il suo compito: unire i paesi, i territori, le persone. E viene piuttosto facile il raffronto con quello che stiamo vivendo, il distanziamento sociale a cui siamo sottoposti oggi, fino a una data che non conosciamo. Un ponte tiene insieme, il virus ci separa. Un ponte che crolla diventa per la malattia una sorta di alleato. E poi le macerie. Dicono che la guerra sia un’altra cosa rispetto al coronavirus: è certamente così. Ma quel ponte con le sue pietre sventrate come colpite da una bomba, sembra una foto di guerra. Ormai ci stiamo abituando a non uscire di casa, e le sirene delle ambulanze che sentiamo, sempre meno frequenti per fortuna, paiono gli avvertimenti di un attacco. Se, in un qualsiasi conflitto, il primo obiettivo strategico per sconfiggere il nemico era la distruzione di un ponte in modo da spezzare ogni relazione nel territorio avverso, in questa lotta contro il virus avremmo bisogno di specializzarci nell’operazione opposta. I ponti ci servono per incontrare le nostre menti e far fruttare le idee migliori, e più ne costruiremo e più in fretta usciremo da questa situazione.
Traducendo questa immagine nel calcio, cominciamo dal ricostruire un finale di partita che rappresenti un ponte verso il futuro. Se il campionato tornerà, come speriamo, che si concluda in modo intelligente, accontentando i giusti e non i furbi. Per poi catapultarsi in un domani dove si abbia il coraggio di fare un’analisi onesta e illuminata sulla politica finanziaria di tutti i club, quelli grandi e quelli piccoli. Oggi parliamo parecchio e impropriamente di tagli degli stipendi, come se fosse una colpa dei calciatori guadagnare tanto. La responsabilità, semmai, risiede in un sistema – e il sistema sono prevalentemente i presidenti – che alimenta il debito. È questo, negli anni che verranno, l’unico ponte inutile da distruggere.
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