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La Serie A vuole ripartire. Gli olandesi bevono molto

Jack O'Malley

Il dramma (sportivo) dei tifosi del Liverpool, la distopia laziale e l’importanza di essere Raiola

Non sopporto le premesse quasi quanto non sopporto e non sopportavo il golden gol, Maradona, Blatter, la birra calda, le frasi fatte sul calcio (tranne quando le diceva Franco Lauro, alla cui memoria brindo), il Daspo, le pippe sul razzismo negli stadi, il Var, lo Sheffield Wednesday. Però dato che dopo essere diventati tutti virologi siete anche diventati esperti di comunicazione, deontologia e contenuti editoriali, premetto che sto parlando di bazzecole, sciocchezze per passare il tempo, cose pressoché inutili (quindi no, non parlerò della seconda cosa più importante dopo la Premier League). Non vorrei essere un tifoso del Liverpool in questo momento. Neppure del Barcellona, della Juve, men che meno della Lazio, tutte squadre in attesa di capire come sarà il destino del proprio campionato. I tifosi dei Reds occupano però il primo posto in questa particolare classifica del disagio: aspettavano da trent’anni di potere vincere di nuovo il titolo: dopo averlo sfiorato più volte nelle stagioni passate questa era la volta buona. Un vantaggio sulla seconda in classifica che ha ispirato simpatici meme sul giusto distanziamento sociale da tenere, una squadra fenomenale che stava scrivendo un nuovo capitolo della meravigliosa storia del calcio inglese. Inutile. Ora che il virus ha fermato tutto tranne le stronzate di esperti e politici, ci si interroga anche in Inghilterra sulle modalità con cui continuare la stagione. C’è naturalmente la possibilità di assegnare il titolo al Liverpool e farla finita così, tanto non è che il Manchester City possa ancora farsi sotto. E qui sta il dramma sportivo: accettare un campionato che verrà ricordato come un incubo nella storia dello sport toglie tutto il bello della vittoria. Come ci si può vantare al pub, insultare il vicino di casa che tifa Everton, spernacchiare gli abitanti di Manchester? Il calcio non è solo albi d’oro e fredde statistiche, anche se confesso che mi suonano distopiche le dichiarazioni di alcuni calciatori della Lazio in questi giorni, che parlano di lotta per lo scudetto da continuare come se fossimo ancora a inizio febbraio (però c’è sempre l’annotazione paraculesca del “ma adesso l’importante è la salute”).

 

Leggo che il presidente della Figc Gabriele Gravina ha fatto elaborare un protocollo rigido per pensare alla ripresa della Serie A in sicurezza, dicendo che “chi invoca oggi l’annullamento della stagione non vuole bene né al calcio, né agli italiani, togliendo la speranza di futuro e ripartenza”. Parole grosse, ma piano credibile nelle buone intenzioni, e soprattutto fatto senza l’istituzione di una task force apposita composta da opinionisti Rai in pensione, ex allenatori bolliti, ex calciatori in cerca di visibilità, magazzinieri e un paio di calciatrici. Poi però il piano è stato elogiato da Walter Ricciardi, e qualche dubbio mi è venuto. Forse il rappresentante dell’Oms molto attivo sui social aveva finito i paesi stranieri da prendere in giro su Twitter per come contengono il virus, fatto sta che però si è dimenticato degli olandesi, gli unici da attaccare veramente. Mica per la pandemia: in un sondaggio della rivista Voetbal International sui personaggi più influenti nella storia del calcio dei Paesi Bassi al primo posto hanno messo l’agente dei calciatori Mino Raiola. Cruyff è finito terzo, dietro al ct della Nazionale Koeman. E io che pensavo di essere uno che esagera col brandy.

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