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il foglio sportivo

Quando le Olimpiadi ripartirono dall'hockey

Gino Cervi

Cent'anni fa nel Palazzo del ghiaccio di Anversa si affrontavano Belgio e Svezia nel primo match del torneo che anticipava l’apertura della VII edizione dei Giochi olimpici. Quelli estivi

Anversa, 23 aprile 1920. Sulla patinoire dello Ijspalast, il nuovo Palazzo del ghiaccio, si sta disputando un incontro di hockey. Non è una partita qualunque. Si affrontano le nazionali di Belgio e Svezia nel primo match del torneo che anticipa l’apertura della VII edizione delle Olimpiadi. Solo un anno prima il Cio aveva assegnato l’organizzazione dei Giochi alla città fiamminga, dopo che, causa la Grande Guerra, era saltato l’appuntamento di Berlino 1916. Si tratta solo di una competizione dimostrativa, non inserita nel programma ufficiale dei Giochi che prenderanno il via solo quattro mesi dopo, il 14 agosto. Ma quell’incontro segna simbolicamente il nuovo inizio di quell’avventura di sport e di umanità che i nuovi Giochi Olimpici, fatti rinascere nel 1896 dalla memoria della classicità e riproposti come mito moderno, grazie alla fervida immaginazione e dall’alacre senso imprenditoriale del barone Pierre de Coubertin, hanno dimostrato di essere.

  

Dopo Stoccolma 1912, ad Anversa i popoli si ritrovano a fronteggiarsi non più sui tragici campi di battaglia di sanguinose trincee e di cieli solcati da mortiferi velivoli, ma negli stadi e nei palazzi dello sport. Le ferite del grande conflitto mondiale sono ancora aperte, tanto che alle nazioni sconfitte – Germania, Austria, Ungheria, Bulgaria e Turchia – non viene consentito di partecipare. Quelli di Anversa saranno anche i Giochi olimpici dove farà per la prima volta la sua comparsa il celebre logo dei Cinque Cerchi e in cui verrà pronunciato, nella cerimonia di apertura, il solenne giuramento olimpico, con tanto di stormi di colombe a svolazzare in segno di pace.

  

Insieme all’hockey, che per la prima volta viene ammessa come disciplina, seppure dimostrativa, in un consesso olimpico, c’è anche il pattinaggio artistico o “di figura”, come lo si definiva un tempo, che però aveva già fatto un prima timida apparizione nel corso delle Olimpiadi di Londra del 1908. L’hockey, invece, è una novità assoluta. Nato in Canada intorno al 1875 divenne in pochi anni sport nazionale. A cavallo del 1900, l’hockey venne “esportato” dal Nordamerica in Europa, dapprima in Gran Bretagna, dove la prima partita si giocò addirittura nel 1895 a Buckingham Palace, con la partecipazione dei futuri sovrani britannici, Edoardo VII, allora principe di Galles, e del figlio Giorgio. Nel 1908, grazie al francese Louis Magnus, venne fondata la Ligue Internationale de Hockey sur Glace, a cui però non aderirono le federazioni nordamericane di Canada e Stati Uniti. Due anni dopo, nel 1910, a Montreux, in Svizzera, si disputò il primo Campionato europeo, vinto dai britannici. La decisione di inserire, a scopo dimostrativo, l’hockey su ghiaccio alle Olimpiadi di Anversa è l’occasione per far incontrare le nazioni europee con quelle nordamericane. Al torneo, oltre a Belgio, Francia, Svezia, Cecoslovacchia e Svizzera, vengono infatti invitati le rappresentative statunitensi e canadesi. Il confronto, per preparazione tecnica e abilità tattiche, è impietoso. Le regole del torneo prevedono che tra le sette venga sorteggiata una squadra e direttamente ammessa alle semifinali. Nei quarti di sfidano appunto nella prima partita Svezia e Belgio, dove gli scandinavi hanno largamente la meglio, per 8-0, sui padroni di casa; quindi gli Stati Uniti e il Canada sommergono di reti, rispettivamente, Svizzera (29-0) e Cecoslovacchia (15-0). Le semifinali mettono di fronte europei e nordamericani: la Svezia batte la Francia 4-0 e il Canada, nel match più equilibrato di tutto il torneo, elimina gli Stati Uniti per 2-0. In finale, il 26 aprile, non c’è storia: i canadesi travolgono per 7-1 la Svezia e si aggiudicano la medaglia d’oro. Le medaglie d’argento e di bronzo vengono assegnate secondo un regolamento un po’ cervellotico che fa rigiocare una contro l’altra le restanti squadre: alla fine il primo podio olimpico dopo l’interruzione della Grande Guerra, vede piazzarsi alle spalle dei vincitori canadesi, gli Stati Uniti e la Cecoslovacchia.

 

È curiosa la vicenda della Nazionale canadese, rappresentata in blocco dei Winnipeg Falcons. Nati nel 1909 in un quartiere della città di Winnipeg, i Falcons sono composti esclusivamente da giocatori di famiglie di origine islandese e che, proprio per questo, vengono a lungo discriminati all’interno delle leghe hockeistiche canadesi. Ma la bravura dei Falcons – che hanno scelto il nome proprio in omaggio al blasone araldico islandese quando l’isola era ancora un dominio danese – porta la compagine di Winnipeg a conquistare, nell’inverno del 1920, la Coppa Allan, che dava diritto a partecipare al torneo olimpico di Anversa. Il capitano dei Falcons, Frank Frerickson, confesserà quanto il gap tecnico con le squadre europee fosse imbarazzante: ad esempio, nella finale, contro la Svezia, tra gli scandinavi vi erano molti giocatori di bandy, versione locale dell’hockey, tuttora praticata sulle piste ghiacciate svedesi. I canadesi, come dimostrano lo score del torneo (29 gol fatti e uno solo subito), s’imposero con irrisoria facilità, nonostante avessero dovuto adattarsi al campo da gioco dello Iijspalast notevolmente ridotto rispetto alle piste sulle quali erano abituati a competere. Per la cronaca, le altre gare che si svolsero nell’anteprima di Anversa, tra il 25 e il 27 aprile del 1920, furono i concorsi del pattinaggio “di figura”. Vi parteciparono 26 atleti (14 uomini e 12 donne) di 8 nazionalità. L’oro maschile venne vinto dallo svedese Gillis Grafström. Avendo vinto nella stessa disciplina anche le medaglie d’oro alle successive Olimpiadi invernali di Chamonix (1924, prima edizione ufficiale dei Giochi olimpici invernali) e di Sankt Moritz (1928), Grafström è l’unico atleta ad aver vinto un oro alle Olimpiadi estive e a quelle invernali. Nel concorso femminile, vinse un’altra svedese, Magda Julin, contro ogni pronostico – era praticamente esordiente in una manifestazione internazionale – e nonostante fosse incinta di tre mesi. Nella prova a coppie, infine primeggiarono i coniugi finlandesi Ludowika e Walter Jakobsson.

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