il foglio sportivo - il ritratto di bonanza
Franck Ribery, l'esempio
Tra i ritorni in campo quello del francese della Fiorentina è uno dei più attesi. Era arrivato a Firenze da quasi ex giocatore, si è infortunato, è sparito dall’Italia nel lockdown, è tornato. E fanno sapere che sia in forma strepitosa
C’è un uomo in calzoncini corti e mascherina che si aggira per Firenze alle luci dell’alba: il suo nome è Franck Ribery. Il francese si sveglia quasi tutte le mattine intorno alle sei e, bevuto un caffè nel primo bar aperto sotto casa, si reca al campo di allenamento dove comincia in estrema solitudine a fare esercizio fisico in attesa dell’arrivo dei compagni. Sono in molti a sostenere di averlo visto in una forma strabiliante dopo i mesi di isolamento e il noto intervento chirurgico alla caviglia. Ribery è arrivato a Firenze che sembrava Mickey Rourke in “The wrestler”, un ex lottatore un po’ suonato a cui lo show business aveva regalato l’ultima triste passerella. Era apparso tra le luci stroboscopiche dello stadio, qualche mortaretto e una musica enfatica che tanto faceva festa del rione. Me lo ricordo sbucare dal settore maratona dello stadio Franchi con la faccia perplessa di chi non sa cosa lo aspetta. La cicatrice sembrava un espediente di scena, la maschera del supereroe scaduto, pronto a recitare l’ultimo atto di una ex carriera gloriosa. Niente di tutto questo: quanto sono facili le apparenze a noi giornalisti sempre pronti a commentare i fatti con il cinismo di quelli che sanno tutto ancora prima che questo tutto accada. Infatti Ribery, smessi i panni del fenomeno circense in cui sembrava dovesse stare per contratto, si è rivelato ancora un calciatore vero. Del suo magheggio “vedo non vedo” abbiamo parlato spesso, quello spostamento del pallone da una parte all’altra dei piedi come se ci fosse un elastico a tenerlo stretto. Una giocata tanto veloce quanto imprevedibile nella sua reiterazione, con la quale Ribery si libera del primo avversario come se fosse un moscerino senza ali, per poi eseguire il passaggio smarcante verso il compagno sotto porta. Con l’invecchiare è pure migliorato tatticamente, schiodandosi dalla fascia per spostarsi laddove esista un appezzamento fertile di gioco, che sia dentro l’area, oppure in mezzo, ancora prima dei sedici metri. L’infortunio, dovuto a un affondo sulla sua caviglia destra di Tachtsidis ai limiti della decenza, a cui è seguita un’operazione piuttosto delicata che sembrava avergli compromesso l’ultima scena, non lo ha spaventato. Ha prima fatto il tifo dalle tribune con le stampelle come se dovesse giocare per la squadra anche senza una gamba e poi, sparito dall’Italia nel lockdown, si è ripresentato a Firenze giusto in tempo, mostrandosi più atletico di prima. Ma quello che di lui ancora non si sapeva era questa vocazione all’essere il primo della giornata, buttandosi giù dal letto, all’alba, come un lavoratore vero. Tra i ritorni in campo quello di Ribery è uno dei più attesi. E dopo giorni di polemiche sul ruolo dei calciatori dentro questa tempesta chiamata Covid, sarà bello soffermarsi un po’ di più sulla storia di un professionista esemplare come lui.