Zanardi è grave e resta in terapia intensiva
L'ex pilota di Formula 1 è in gravi condizioni dopo lo scontro con un camion durante una corsa di beneficenza in handbike
Alex Zanardi trasmette gioia, serenità, voglia di vivere. Lo guardi negli occhi e capisci che dentro quel mezzo corpo da macho c’è un cuore infinito. Un cuore che aveva già provato a smettere di battere il 15 settembre 2001 al Lausitzring, quando un incidente terribile lo tagliò quasi a metà, come diceva sempre lui scherzando sulle gambe che non c’erano più. Quel cuore d’oro, ma anche d’acciaio che poi, rimasto con pochi litri di sangue, ha ripreso a battere ancora più forte di prima. Alex è il simbolo di questi giorni post quarantena, incarna la ripartenza come nessun altro e non lo fa solo per compiacere lo sponsor, lo fa perché lui è proprio così, dare agli altri lo arricchisce dentro. Ha sempre una parola di incoraggiamento, una parola di conforto. “Se ce l’ho fatta io…!”, dice sempre. Prendendosi in giro come in una delle barzellette che amava raccontare quando ancora frequentava il paddock della Formula 1, un mondo da cui ha ricevuto poco, pochissimo, soprattutto se lo si paragona a quanto ha dato e ricevuto nelle corse americane e soprattutto nel mondo del ciclismo paraolimpico. Quel mondo che gli ha tirato l’ultimo “sgambetto” (“sgambetto del destino” era il modo in cui Zanardi descriveva l'incidente del 2001 ndr) mandandolo contro un camion mentre stava correndo per una causa benefica, magari esagerando come faceva sempre in ogni sua attività (trasportato in ospedale a Siena con l'elisoccorso ha riportato un trauma cranico, diverse ferite alla testa ed è stato immediatamente sottoposto a intervento chirurgico ndr).
Toh, guarda che foto che ho trovato! Lausitzring 2012, felice degli effetti collaterali di uno sgambetto del destino. pic.twitter.com/3XyrpiXZAP
— alex zanardi (@lxznr) May 7, 2013
Quando Alex comincia a parlare è difficile farlo smettere. Ti travolge con i suoi racconti profondi, con le sue riflessioni che non sono mai banali, tutto al più sono ironiche soprattutto auto ironiche. Ti abbraccia con le sue parole e con il suo sguardo. La sua voglia di vivere ti resta addosso. Basta anche solo uno sguardo. Lui è solo Zanardi da Castelmaggiore. Gli piace descriversi così, come nel titolo del suo primo libro. Ma in realtà è un gigante. Una figurina che i bambini a scuola incollavano di fianco a quella del Papa e di Madre Teresa. Lo guardi gonfiare i muscoli dei bicipiti per trascinare la sua handbike verso le imprese più assurde e difficili. Dalle medaglie olimpiche (4 ori e 2 argenti) all’Iron man delle Hawaii, dalla maratona di New York a quella di Roma, fino alla maratona televisiva che ha condotto sulle reti Rai il due giugno per festeggiare l’azzurro, quella maglia che lui, arrivato dalle tute colorate degli autodromi, ha imparato a indossare e ad amare come una seconda pelle.
Se credi in quello che fai e ti impegni al massimo delle tue possibilità, vedrai che i risultati arriveranno. Alex ha trasformato la sua seconda vita in un master sulla vita. Ha insegnato a vivere agli altri. Insegnato a gioire per la fatica, a scherzare su un problema. Lezioni che dà con un sorriso, uno sguardo. A nonni e nipoti. A uomini e donne. La vita gli ha dato tanto dopo avergli tolto quasi tutto. Gli ha fatto quasi vedere cosa c’è dall’altra parte, ma poi lo ha lasciato qui ad insegnare agli altri come superare le difficoltà, come vedere sempre il bicchiere mezzo pieno. Alex è un uomo fortunato perché ha un cuore gigante e una famiglia straordinaria a cominciare da sua moglie Daniela, il suo angelo. Lo sa e per questo non si è mai lamentato per quello che gli è successo. In fondo sa anche lui che senza quell’incidente sarebbe rimasto solo un grande pilota. Dopo quell’incidente che lo ha lasciato a metà è diventato un dio. Anche se, sentendo tutto l’affetto che lo ha accompagnato da quando è stato ricoverato all’ospedale di Siena, sarebbe il primo a dire: “Tutto questo per me? Ma no… Voi siete matti”.