Mastella ci racconta Benevento che festeggia (con moderato contegno) la Serie A
La festa, le paure, il Napoli e la sorpresa Inzaghi. Il sindaco della città: “È stato un tripudio di finalmente. Finalmente possiamo uscire di casa, finalmente abbiamo allontanato il Covid, finalmente siamo tornati in A”
Quello che doveva accadere è accaduto, era da mesi che l’epilogo era chiaro. Però così, almeno a inizio anno, nessuno se lo sarebbe mai immaginato. E non c’entra lo stop di Marco Sau ad addomesticare il lancio in profondità di Pasquale Schiattarella, la finta di corpo a far sedere il portiere, il tiro di sinistro sotto la traversa. E non c’entra neppure l’espulsione di Luca Caldirola per proteste o chissà che frase pronunciata che poteva inguaiare la serata. È il contorno a colpire. L’assenza di quel muro di cori e colori che sembravano essere un’unica cosa con gli spalti dello stadio Ciro Vigorito. Il Benevento ha conquistato la promozione in Serie A con 7 turni di anticipo, record per la Serie B, immerso nell’assenza di rumore. La pandemia di coronavirus d’altra parte ha prodotto anche questo: ha eliminato la cosa migliore dei nostri vetusti stadi.
La festa sugli spalti non c’è stata, è andata in scena fuori, per le strade beneventane, tra caroselli e brindisi, gli stessi che si sono visti anche altrove, da Napoli a Liverpool, e contro cui in molti si sono scagliati, etichettandoli come “sciaguratezze” da evitare. “Sarebbe stato meglio fosse andata in un’altra maniera, con più sobrietà e con più distanza. Abbiamo fatto meglio in campo che per strada, ma è stata in ogni caso una gioia chiassosa, di vicinanza, ma tutto sommato contenuta. Ha avuto l’emorragia gioiosa che è esplosa anche altrove, c’è stata una presenza massiccia in strada, qualche assembramento c’è stato, ma tutto si è svolto con un contegno superiore alle aspettative di molti”, racconta Clemente Mastella, sindaco di Benevento.
Il sindaco di Benevento Clemente Mastella (foto LaPresse)
Mastella non giustifica, ma nemmeno criminalizza il comportamento dei suoi concittadini, perché nulla c’è da criminalizzare in una città che a eccezione di qualche vicinanza di troppo in qualche strada, ha rispettato le norme che consigliano le mascherine e il distanziamento sociale. “C’è stato un riflesso condizionato di un insieme di cose, un tripudio di finalmente. Finalmente possiamo uscire di casa, finalmente abbiamo allontanato il virus, finalmente siamo tornati in Serie A”. Anche perché “in una città di medie dimensioni del sud, come Benevento, esiste una forte sinergia, un’identificazione massiccia tra gli abitanti e la squadra, un rapporto umano e sportivo molto più forte che altrove”, sottolinea Mastella.
Una liberazione giallorossa. L’archiviazione, almeno in parte, dell’incubo pandemico (che a Benevento e provincia ha segnato in ogni caso solo 209 positività da febbraio) e del limbo tristanzuolo di una cadetteria, vissuta con un filo di malinconia dopo la stagione in A di due anni fa e il terzo posto con eliminazione nella semifinale play-off di dodici mesi fa. “Se due anni fa la promozione era stata sorprendente, sicuramente inattesa, forse addirittura insperata e ci ha preso tutti alla sprovvista, questa è stata più matura e consapevole. D’altra parte la squadra ha inanellato un record dietro l’altro per tutta la stagione. Poco male però, anzi. La gioia è stata fortissima lo stesso”.
Un campionato dominato dalla squadra guidata in panchina da Pippo Inzaghi, la testa della classifica raggiunta alla settima giornata, persa alla nona, riconquistata in quella successiva e da allora più persa.
Merito dei giocatori, merito anche di Inzaghi “che era arrivato accompagnato da un certo scetticismo dalla piazza, soprattutto a causa dell’anno brutto che aveva passato a Bologna”, ma capace “di capire e farsi capire dai suoi giocatori, ma soprattutto di diventare beneventano, di non sfuggire dalla vita cittadina. L’ho visto preso dalla città, lo si vede andare a mangiare fuori, camminare per la città e quando qualcuno lo chiama si è sempre dimostrato disponibile”, dice Mastella.
La speranza del sindaco è quella che Inzaghi e il presidente Oreste Vigorito possano continuare assieme, “perché è possibile fare bene. Vigorito ha fiuto ed è portato a innovare, sia industrialmente che calcisticamente. Si può fare qui quello che a Bergamo ha costruito l’Atalanta. La società è solida, il capitale umano e sportivo è di primo piano, le idee sono chiare. Ora speriamo che l’impalcatura della squadra creata quest’anno possa rimanere in piedi per puntare alla salvezza il prossimo anno. Magari puntando sui ragazzi del vivaio, che sono talentuosi, senza cercare per forza il nome esotico”, sottolinea Mastella nel giorno dell’annuncio dell’acquisto di Loïc Rémy dal Nantes.
Il prossimo anno Benevento riaccoglierà le grandi squadre al Ciro Vigorito, anche quel Napoli motivo di frecciatine tra curva e sindaco. “Se il Napoli gioca in A e il Benevento in B che problema c’è a tifare Napoli contro le altre squadre. Ci sono beneventani che vanno ai bar guardare le partite per tifare per una squadra contro un’altra. Non è la stessa cosa? Io non mi vergogno di tifare Napoli. Il prossimo anno questo problema non ci sarà. Il Benevento giocherà in A e quando incontrerà il Napoli starò dalla parte della squadra della mia città. È una questione d’affetto e anche una responsabilità istituzionale”.
La notte della grande festa è passata, rimane la soddisfazione di un ritorno in Serie A, rimangono i cori e gli striscioni che ringraziano la squadra. E uno apparso di sfuggita in uno dei servizi giornalistici che raccontavano la promozione: “Mastella porta bene”. Il diretto interessato ride e poi ammette che “sì, un po’ sì, ma mi è andata bene pure a me”.