Nei palazzi dello sport italiano oggi si combatte anche la guerra delle statue. Nei giorni scorsi all’ingresso di Palazzo H, Sport e Salute ha fatto affiggere una scritta gigante che però dava l’impressione di appropriarsi del busto di Giulio Onesti. Poche ore dopo, il busto dell’uomo che più ha fatto per lo sport in Italia, è tornato in quella che possiamo definire “area Coni”. Dispettucci. Mentre fuori scoppiava la tormenta. Passato l’uragano Giorgetti, lo sport pensava di essersi messo al sicuro sulla sua isola felice, inevitabilmente popolata anche da qualche vecchio dinosauro. Non aveva fatto i conti con lo tsunami Spadafora. Il testo unico dello sport, presentato nei giorni scorsi e spiegato in diretta Facebook (Conte style) dal ministro, ha avuto l’effetto di un cazzotto alla bocca dello stomaco per un mondo alle prese con una crisi economica senza precedenti nell’anno che porta ai Giochi di Tokyo. È ancora un disegno di legge, ma è già riuscito a coalizzare un sacco di presidenti di Federazione di solito abituati ad accoltellarsi. Se Spadafora voleva unire lo sport italiano, da sempre litigarello, ce l’ha quasi fatta. La sua idea, però, sembra piuttosto un’altra. Più che una riforma pare una rivoluzione. “E’ vero che dopo la Rivoluzione Francese il mondo è stato molto più bello, ma quanti morti ha prodotto quella rivoluzione?”, commenta un riformista saggio come Franco Carraro, mentre abbassa la musica che inonda il suo studio.
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