Il calcio secondo Alberto Sordi, presidente ideale del pallone italiano

Cinquant'anni fa usciva “Il presidente del Borgorosso Football Club”, il film che si limitò a raccontare la stramba realtà della provincia calcistica nazionale

Massimiliano Vitelli

21 giugno 1970. L’Italia di Ferruccio Valcareggi ha perso la finale del Campionato del Mondo di calcio per 4-1 contro un Brasile nettamente superiore orchestrato da Pelé. Alberto Sordi ha compiuto cinquant’anni da quattro giorni ed è nel bel mezzo delle riprese di un film che resterà tra i suoi più amati dal grande pubblico. L’idea è quella di rappresentare la figura del presidente di una società di calcio, che allora era molto diversa da quella iper-professionistica e imprenditoriale di oggi. Sono gli anni di Costantino Rozzi patron dell’Ascoli, di Romeo Anconetani papà del Pisa. Società di calcio familiari, con le loro storie, i loro malumori, le loro ambizioni. Così, in un immaginario paese dell’Emilia Romagna, Alberto Sordi e gli sceneggiatori Sergio Amidei e Adriano Zecca (ex-calciatore), “fondarono” il Borgorosso Football Club. Nonostante la fede giallorossa dell’attore romano si decise, con esplicito riferimento alla Juventus, per i colori sociali bianco-nero e per il soprannome zebre.

   

Il film, “Il presidente del Borgorosso Football Club”, girato tra Bagnocavallo e Lugo, narra le vicende di Benito Fornaciari, un impiegato del Vaticano che a seguito della morte improvvisa del padre mai amato si ritrova alla guida della squadra. Dopo un approccio negativo, Benito inizierà a sentirsi sempre più coinvolto nell’avventura, fino ad arrivare alla bancarotta finanziaria pur di far felici i tifosi ed onorare la memoria del rivalutato padre. La pellicola è un omaggio al football dell’epoca, nel quale si andava in trasferta con il torpedone e il calciomercato che si svolgeva nello storico hotel Gallia di Milano, proprio davanti alla stazione centrale. Con le partite ascoltate alla radio e i commenti del lunedì nel bar della piazza. Alberto Sordi, per rendere la pellicola aderente alla realtà, pescò a piene mani dai suoi ricordi di tifoso. “Per il personaggio di Benito Fornaciari mi sono ispirato all’ex-presidente della Lazio Tino Brivio”, raccontò anni dopo.

  

Volutamente esasperato in alcuni passaggi, “Il presidente del Borgorosso Football Club” è un'ironica rappresentazione delle “abitudini” non solo calcistiche del tempo. Prima del sentitissimo derby contro la Sangiovese, ad esempio, Fornaciari invece di portare la squadra al santuario del paese (gita che sarebbe stata probabilmente più coerente con il suo passato in Vaticano), ormai travolto dalla passione e dalla furia sportiva, trascina i giocatori in un campo di zingari per far togliere loro il malocchio. Chi ritiene l’episodio poco realistico, non sa che “il barone” Nils Liedholm, ai tempi della Roma, era solito chiedere suggerimenti per la formazione da mandare in campo ad un mago di Busto Arsizio con il quale spesso organizzava degli incontri alla presenza della squadra. E non è il solo riferimento all’allenatore svedese. C'è anche il vigneto che fa parte delle terre lasciate in eredità da Libero Fornaciari al figlio. Liedholm, infatti, oltre alla passione per il calcio, aveva quella del buon vino e nel tempo libero si dedicava a una piccola produzione nella sua tenuta a Cuccaro Monferrato.

  

Una rappresentazione satirica che però “sfiora” anche altri temi decisamente più seri, come il doping (per il quale l’avversaria del Borgorosso FC nella corsa alla promozione viene penalizzata lasciando il posto al club bianconero) e gli sconfinamenti politici nel mondo del pallone, accennati dall’interesse del sindaco Bulgarelli (cognome “preso in prestito” dall’allora centrocampista del Bologna) per l’acquisizione del club al solo fine di trarne un vantaggio elettorale. Ma che si focalizza soprattutto su ciò che più di ogni altra cosa caratterizzava il calcio di quegli anni: i presidenti tuttofare. Uomini di pallone che del pallone credevano di sapere tutto e per questo si intromettevano in tutte le decisioni, impartendo ordini su ordini e obbligando i collaboratori ad assecondarli. Dai dirigenti agli allenatori. Benito Fornaciari ce l'ha con tutti. Soprattutto con lo “stregone” José Buonservizi, impersonato da Carlo Taranto, l'allenatore argentino che per per immagine e c carattere spocchioso, ricorda il “mago” Helenio Herrera.

 

Un'altro argentino, questa volta vero, fa un cameo nel film. Il Borgorosso FC. può essere considerata la squadra che ha visto l'addio al calcio giocato di Omar Sivori. L'italo-argentino, ritiratosi dal calcio giocato a trentatré anni al termine della stagione 1968/69 (per un ginocchio malconcio e in segno di protesta per le sei giornate di squalifica rimediate dopo un duello rusticano post partita scaturito da uno scontro di gioco con il difensore del Napoli Dino Panzanato), fu convinto dalla produzione a tornare in Italia per interpretare se stesso. 

 

A cinquant’anni dalla sua uscita nelle sale cinematografiche e a cento dalla nascita di Alberto Sordi, “Il presidente del Borgorosso Football Club” resta una fotografia, ritoccata ed esasperata ma anche documentaria, di quel calcio fatto di passione, polvere, olio di canfora, pantaloncini cortissimi e arbitri in giacchetta nera.

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