il foglio sportivo
Il battitore libero del mercato. Parla Giuseppe Bozzo
È stato l’agente di campioni del mondo, ha fatto affari per un miliardo. Gestisce Tonali (“è nato grande”) e punta sull’Inter: “Colmerà il gap con la Juve”
Nel numero di sabato 20 giugno il Foglio Sportivo ha iniziato una serie di interviste a procuratori per raccontare il mondo del calcio e del mercato visto dalla parte di chi fa muovere i soldi. Sono già stati intervistati Davide Lippi, Alessandro Moggi, Silvio Pagliari e Alessandro Lucci.
Se è vero che, per usare un’espressione abusata, il mondo è bello perché è vario, quello del calciomercato è pieno di agenti che non condividono mai la stessa visione strategica e operativa. E menomale. Giuseppe Bozzo brilla di luce propria, assai diversa dalle altre, tipica di chi si è fatto da solo. Self-made man calabrese con residenza a Roma e headquarter a Milano. Fa le cose per bene quando decide di laurearsi in Legge, prima di piazzarsi ai nastri di partenza di uno dei circuiti più affascinanti del football. È la pista riservata ai procuratori. Venticinque primavere a tutto gas e, manco a dirlo, nessuna voglia di tagliare già il traguardo. “Dopo tanti anni di avvocatura e di procure in senso stretto – dice al Foglio Sportivo Giuseppe Bozzo – in seguito alla deregulation del 2015 ho deciso di dare ufficialmente vita alla AGB Sport (letteralmente Avvocato Giuseppe Bozzo Sport, ndr). Da quel momento ho potuto iniziare a recitare anche il ruolo di intermediario che prima, in quanto avvocato, mi era precluso e che adesso rappresenta il mio core business”. In realtà l’agenzia esisteva già dal 2009, ma era soprattutto imperniata sull’organizzazione di eventi come il centenario del Parma, capace nel 2013 di riportare allo Stadio Tardini tutte le grandi stelle della storia crociata. “Ho sempre amato il calcio – continua Bozzo - Dalla primavera della Reggina al Bari, passando per Cosenza (sua città d’origine, ndr) e Catanzaro. Avevo uno studio al sud, ma mi spostavo continuamente. Con il tempo ho costruito un parco di assistiti abbastanza giovane, ma pronto per avanzare di livello: Quagliarella, Grosso, Bernardeschi, Marchetti, Gilardino, Perrotta. Simone è uno dei pochi esempi che, dall’inizio alla fine della propria carriera, ha scelto di lavorare con lo stesso procuratore”.
Disegnare insieme a Perrotta “un percorso sorto in provincia e tramontato sul tetto del mondo, è stata una soddisfazione enorme”, dice Bozzo. Così come lo è stata portare – modelli tra i tanti – Mazzarri e Ranieri all’Inter. Non solo calciatori. Questione di scelte, appunto. Alcune ti portano in cielo, altre ti trascinano nell’oscurità. Funziona così nel calcio. “Far guadagnare soldi agli assistiti non è sempre un esercizio difficile – racconta l’agente – Lo diventa però quando c’è da coniugare la revenue al giusto progetto tecnico. È il caso del trasferimento di Simone al Chievo nel 2001: non ci abbiamo pensato due minuti pur sapendo che altrove lo aspettava uno stipendio ben più corposo”. Sono parecchi i giocatori che avrebbero potuto spaccare il mondo e, invece, si sono accontentati di una carriera notevole, ma non proporzionale alle rispettive qualità. Un nome a caso: Antonio Cassano. “Il più grande calciatore italiano di tutti i tempi, o almeno questo è quello che penso io. Non è un ipocrita, e per questa ragione ha dovuto accettare una stampa poco morbida. Tuttavia per furbizia, scaltrezza, forza, altruismo e tecnica, credo non abbia eguali. La formazione ha sicuramente definito il cammino del giocatore, Antonio ha fatto delle scelte che comunque gli hanno permesso di arrivare a vestire la maglia del Real Madrid. Ha espresso il suo potenziale solo al cinquanta per cento, abbastanza però perché possa definirlo il numero uno”.
Viviamo un calcio intollerante a qualsiasi riflesso negativo, incapace di contemplare mosse troppo azzardate e che, casomai, azzera il margine di azione spontanea. Un ambiente nel quale la trasmissione del buono, dei valori genuini, di abitudini salutari non è solo importante, ma addirittura essenziale per poter navigare sereni lungo il tragitto. “Per questo ci occupiamo anche di comunicazione e valorizzazione dell’immagine – dichiara il procuratore – Dettagli importanti, a patto che poi tutto si ricolleghi al campo. Se non hai le basi, post e like sono inutili. Io in generale faccio comunicazione al contrario, che vuol dire star zitti il più possibile. In trattativa non dico niente a nessuno, preferisco piuttosto creare l’aspettativa, il pathos, l’emozione. Faccio vivere la situazione in maniera diversa da ciò che realmente è. Spesso mi faccio certe risate, anche se in venticinque anni di carriera ho pure pianto”. Fa parte del gioco. L’importante è indossare sempre i costumi del primo attore, di chi è consapevole di riuscire a indirizzare la trattativa, tracciare il sentiero, scrivere le regole valide per tutti quelli che bussano alla porta. Dall’Italia, da ogni parte del mondo. “Anche perché quando cominci ad avere clienti di spessore internazionale – dice Bozzo – le frequentazioni si spostano ben oltre i confini italiani. Inizia una fase di studio dei mercati, anche di quelli emergenti, affinché si riesca a individuare le potenziali prospettive degli assistiti. Non mi piace che debbano essere altri procuratori a sistemare i miei giocatori, io voglio sempre essere presente, protagonista, parlare più lingue possibili, fare la differenza. Dal ’95 a oggi, ho trasferito calciatori per circa un miliardo di euro che, per la mia storia e il mio percorso, rappresenta un elevato successo”. Un lavoro inevitabilmente pubblico e trasparente, ma al contempo occulto, distante dalle luci che abbagliano la vista. “Non amo molto pubblicizzare il mio lavoro – continua Bozzo – Sono sempre stato lontano dai riflettori mediatici. Tanti pensano di aver inventato il calcio e il calciomercato, ma non è così. Ci sono stati grandi agenti e personaggi autorevoli prima di noi: c’è chi a questo mondo ha regalato più o meno lustro e fantasia, ma restiamo ancora tutti in una fase congiunturale”.
Succede che, pure quando l’età lascerebbe pensare di aver già visto e sentito tutto, non si finisce mai di imparare, correggere la traiettoria e spostarla verso mete più felici. “Ho girato il mondo ma ho capito che non ne vale la pena. Mi sono ritrovato ad aspettare gli altri che, per uno come me, preciso e puntuale nei rapporti, non è il massimo. La blacklist si allargava e, perciò, ho finito per ridurre contatti e interessi alla sola area europea. In Italia faccio intermediazioni per tre grandi agenzie internazionali, i calciatori che passano da me sono tantissimi”. Morata, Kovacic, Rog, Vrsaljko. La lista è lunga, la politica molto precisa: agire all’interno di un’area ben definita. Chiarezza e visione. Pure per ciò che riguarda la scelta di nuovi potenziali assistiti, ora soggetta a linee guida affinate, decisamente ristrette. “Preferisco prendere un giocatore che ha già conseguito il suo primo step – spiega Bozzo – che ha già avuto un primo agente e che, magari, si accinge a cambiarlo nuovamente per compiere un ulteriore salto professionale. Il mio nuovo posizionamento si configura in un lavoro a progetto con obbligazione di risultati e mai di mezzi. Un viaggio che mira solo e soltanto al successo, che punta a creare i presupposti per un miglioramento sportivo ed economico”. Dinamica che trova riscontro in seguito all’accordo con uno dei più grandi talenti del calcio europeo: classe duemila, centrocampista di qualità e quantità, gioca nel Brescia e si chiama Tonali. “Sandro incarna l’unicum perché è nato grande – conferma il procuratore – In lui, quanto ad aspettative psicofisiche, c’è tutto: è brillante, sa ragionare, ha grande senso di responsabilità che lo rende molto più maturo rispetto alla sua età. Fattori che certamente lo agevoleranno sulla strada per diventare un campione. D’altronde, non diventi Modric se non sei intelligente, se non sai di avere qualcosa in più degli altri. Se appunto, come dicono in Spagna, non tienes algo mas. Senza testa, cuore, gamba e altruismo non sarai mai completo, non vai da nessuna parte”. Formula valida sempre. Chissà se funziona anche per quei calciatori che, una volta sazi di stadi e palloni, una volta ringraziato il proprio agente, puntano infine a seguirne le orme. Oggi sembra quasi una moda. “Studiando e lavorando bene – ammette Bozzo – anche un grande ex giocatore può diventare un grande agente. Esistono già dei profili top che, se avessero voglia, potrebbero fare questo mestiere ad altissimi livelli e non ci sarebbe neppure paragone con tanti di noi. L’aver giocato a calcio ti agevola, entri in una fase psicologica diversa dalla norma: un esempio è Del Piero che, se solo volesse, per dialettica e conoscenza tecnica, diventerebbe un top agent di assoluto rilievo”. Pinturicchio che pennella colpi di mercato, proprio come faceva con le punizioni. Vincente, come la Juventus dell’ultima decade. Determinata a mettere le mani sull’ennesimo scudetto, ancora una volta. “Prima dell’arrivo di CR7 – commenta l’avvocato – i bianconeri si preoccupavano di indebolire le avversarie, tutte le volte che queste stavano finalmente per raggiungerli. È successo con Higuain e il Napoli, con Pjanic e la Roma. L’Inter era fuori dai giochi per insufficienti investimenti, il Milan ha sofferto la mancanza di una proprietà aderente alle attese di un club di questo calibro. I nerazzurri, conoscendo Marotta, sono però destinati a colmare il gap con la Juve e, anzi, credo l’abbiano già colmato. Lo stop causato dal virus ha stravolto gli allenamenti, ha concesso la presenza in rosa di giocatori in prorogatio: fattori che in qualche modo ti rallentano, generano caos rispetto all’obiettivo. Non vedo un’Inter tecnicamente indietro rispetto al club di Agnelli, in questo senso Marotta e Ausilio sono stati bravi nel lavoro operato in estate e poi in gennaio. I bianconeri questa volta non riusciranno a smontare il loro competitor come fatto con successo in passato, anche perché il valore di mercato degli interisti si è alzato parecchio rispetto a qualche anno fa”.
Sarà un’estate lunga, incandescente fino all’inverosimile, pronta a mettere a dura prova nervi e lucidità. Frenesia allo stato puro. “Per questo pensare a pochi elementi offre più spazio alla mente – sottolinea il procuratore – là dove la qualità necessita di tempo, è inversamente proporzionale al numero di chiamate ricevute ogni giorno. Il delirio dell’onnipotenza generalmente sta nell’accumulare la clientela, io invece la vedo esattamente al contrario. Per me non riuscire a trasferire un assistito rappresenta un fallimento: ecco perché ritengo fondamentale dedicarsi a quei professionisti che, per caratteristiche, lungimiranza e potenzialità, meritano ogni risorsa in mio possesso”. Il tutto per tutto che serve a spalancare le porte. Quelle principali, perché le secondarie non si considerano affatto. Filosofia intatta, oggi come ieri. “Ma non è ancora giunto il momento di fare riflessioni sul passato – conclude il leader di AGB Sport – Del resto se guardi lo specchietto retrovisore, puoi finire facilmente fuori strada. Non ho rimpianti, non posso lamentarmi di nulla, ho fatto tutto sotto la luce del sole, cercando di accontentare società e calciatori che ho assistito. Di sicuro c’è che ho fatto guadagnare tanti, ma tanti soldi ai miei clienti e sono certo di aver contribuito a regalare la tranquillità economica a tante famiglie. Penso proprio a tutti, anche a chi per ovvie ragioni non sento più da anni. La riconoscenza, purtroppo, dura soltanto tre giorni: in vigilia, durante il giorno e, al massimo, in quello dopo. Poi sparisce”. Sentenza che non ammette repliche. Nel lavoro, nella vita. Le eccezioni sono rare e Giuseppe Bozzo fa parte di queste. Ecco perché nel calciomercato di domani, per un battitore libero, ci sarà sempre posto.