Quando Salvador Dalì arrivò a Manhattan nel 1934 con sottobraccio una baguette di due metri per stupire il mondo dell’arte newyorkese venne ripagato dall’élite intellettuale di Coney Island con la più inaccettabile delle monete e la più feroce delle umiliazioni: l’indifferenza. Nessuno tra i critici e i giornalisti in conferenza stampa fece infatti un minimo accenno a quel pane gigantesco che teneva sottobraccio e che nelle ambizioni dell’artista spagnolo doveva rappresentare un vivente (e croccante) manifesto surrealista. Il suo arrivo fu un fallimento totale perché come racconta Rem Koolhaas in Delirious New York “Il surrealismo in quel momento era invisibile a Manatthan”. E pure il sarrismo alla Juve, oggi lo possiamo dire con ragionevole certezza. Le rivoluzioni, del resto, costano fatica, si fanno solo tutti insieme e se si è davvero convinti. Berlusconi difese Sacchi nei momenti di difficoltà, soprattutto dopo l’eliminazione contro l’Espanyol nel 1987, appena arrivato alla guida del Milan, perché nel profondo si fidava di lui, sapeva che quell’uomo poteva portarlo lontano. Il ministro dell’Urbanistica francese Dautry affidò nel 1946 il progetto della Cite Radieuse a Le Corbusier perché era stato profondamente sedotto dai suoi modelli teorici (che erano stati invece respinti a New York negli stessi anni di Dalì).
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE