Il lockdown ce lo aveva quasi fatto dimenticare, ora riparte con la Serie A più mediatica di sempre. E l’Europa diventa un modello per la crescita del movimento (sì, più degli Usa)
Che vita c’è sul pianeta calcio femminile? Cosa resta dopo un 2019 celebrato come il grande anno della sua piena affermazione, tanto globale quanto per la prima volta anche italiana? Intanto, c’è vita. Non è una risposta scontata se pensiamo al fatto che in pieno lockdown prima, con l’industria dello spettacolo calcistico ferma, e nella sua ripresa successiva, che ha visto l’interruzione in tutta Europa (con l’eccezione tedesca) dei principali campionati femminili, diffusi erano i timori sul fatto che la pianticella più giovane del sistema-calcio potesse davvero reggere senza troppe ripercussioni a un’interruzione così lunga, una vacanza mediatica altrettanto lunga e a investimenti ancora giovani e quindi revocabili nella scala realistica delle priorità di spesa dei club professionistici. In Italia questi timori erano accresciuti da una storia di sviluppo molto recente, giunta con almeno due decenni di ritardo rispetto all’evoluzione internazionale di questo sport. Il calendario rivoluzionato dalla pandemia regala invece un inatteso mese in cui il calcio femminile sarà il grande protagonista dei palinsesti televisivi, a cominciare dalla ripartenza odierna della Serie A con la sua nuova stagione e dalla Final Eight della Women’s Champions League, in corso tra Bilbao e San Sebastian fino a domenica 30 agosto, giorno della finale.
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