Lo odiano tutti, da allora. Per la verità non stava simpatico neanche prima, perlomeno non al cospetto di Roger Federer, l’uomo che ha reso il tennis una disciplina più assimilabile al balletto che all’agonismo (e non lascerà eredi, per fortuna e purtroppo). Lui lo sapeva, e come sempre da almeno dieci anni aveva trasformato all’istante lo svantaggio in vantaggio, senza neanche doverci pensare. Laddove i tennisti normali erano costretti a sforzi sovrumani già solo per trovare l’interruttore nel più nero dei ripostigli, lui era il gruppo elettrogeno che si attiva quando salta la corrente, illumina subito la stanza a giorno e coglie di sorpresa l’avversario che ha appena tagliato i fili. Tutto il Centrale urlava “Roger! Roger!”, e davvero non s’era mai sentita una partecipazione così compatta in una finale di Wimbledon senza britannici in campo. “Ma io”, rivelò alla fine, “quando la folla gridava Roger, sentivo Novak! Novak!”. E come si batte uno così?
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